“Un gol davvero meraviglioso da parte di Manolo Portanova che mette a tacere le polemiche”. Le polemiche a cui un cronista ha fatto riferimento con queste parole durante la partita Reggiana-Cremonese, sono le critiche seguite alla decisione della società sportiva, avallata dalla procura della Federazione Calcio, di far giocare il calciatore pur condannato in primo grado a sei anni per violenza sessuale di gruppo. A Telereggio, invitata dalla trasmissione Il Graffio a commentare le proteste dell’associazionismo femminile, avevo sottolineato che la vicenda offre l’ennesimo esempio negativo di come sia facile sminuire e banalizzare le violenze contro le donne, giustificare il carnefice, cercare semmai le colpe nel comportamento della vittima. Oggi, ad oltre un mese dalla prima sentenza disciplinare assolutoria, si apprende che la Procura Generale dello Sport del Coni l’ha impugnata, ha chiesto 5 anni di squalifica e proposto la radiazione per Portanova. Il caso sportivo non è affatto chiuso, nessuna polemica può essere messa a tacere.
La frase dal sen sfuggita del giornalista recava sottotraccia un messaggio preciso: un gol e chi lo ha fatto può cancellare una denuncia per stupro. Nonostante le scuse che seguono sempre a dichiarazioni di tal fatta, resta la realtà delle violenze di genere in crescita e resta una certa cultura paternalistica e patriarcale pronta a giustificare ogni comportamento maschile, anche il più odioso. In trasmissione, intervenuta insieme al legale dell’imputato Gabriele Bordoni e al giornalista e scrittore Lorenzo Longhi, ho portato le ragioni delle donne, prima di tutto. E ho cercato di rappresentare nel dibattito l’impegno delle associazioni femminili reggiane, dall’associazione antiviolenza Nondasola a Nonunadimeno, che quotidianamente tutelano i diritti negati delle donne e che in questa vicenda cercano di superare muri di incomprensione, non certo di crearli. Nessuna iniziativa o critica rivolta alla giustizia sportiva, al silenzio della Società calcistica o alle esternazioni autoassolutorie dell’interessato, ha mai messo in discussione il principio garantista del nostro ordinamento o ha inteso condannare una persona prima della chiusura del processo nei tre gradi di giudizio.
Occorre però agire una responsabilità che, a fronte di una violenza di genere fatta di abusi e femminicidi giornalieri, non può che essere collettiva e condivisa. C’è dunque una giustizia penale che farà il suo corso ed una giustizia sportiva che oggi richiama (finalmente) anche quel mondo al suo pezzo di responsabilità. Non lasciamo più che siano sempre e soltanto le donne, le attiviste, a porre questa enorme questione culturale e sociale. Ritengo che riflettere sul coraggio di una donna che denuncia, indignarsi del fatto che per denunciare uno stupro occorra coraggio, dare un segnale concreto di responsabilità, sia un esercizio doveroso di cittadinanza e umanità che coinvolge tutti. Qui potete vedere il VIDEO della puntata de Il Graffio, dove siamo intervenuti sul tema dal minuto 42.
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