La FESTA di Reggio Emilia si è conclusa con numeri importanti: oltre 150.000 persone hanno frequentato l’Iren Green Park nelle sedici serate, 25.000 pasti sono stati serviti nei cinque ristoranti gestiti dai 400 volontari e volontarie del Partito Democratico, che si sono prestati a dare una mano gratuitamente, chi più e chi meno volte, garantendo nel complesso il funzionamento di una Festa dell’Unità provinciale che ha ottenuto un incasso netto positivo e movimentato 1 mln e 200mila euro. Centinaia le persone che si sono fermate a compilare i moduli al banchetto predisposto per le petizioni che stiamo promuovendo, a cominciare da quella per introdurre il salario minimo legale, contro la povertà di chi lavora; e la raccolta firme di sostegno al progetto di legge della Regione per finanziare in modo finalmente adeguato il fondo sanitario nazionale e la sanità pubblica. Tanti dibattiti, infine, hanno attirato attenzione e non solo quelli con i nomi più noti.
Il primo mio sentimento è la gratitudine, il secondo è un sano orgoglio. Le Feste dell’Unità del terzo millennio hanno senso e lo avranno sino a quando sapranno aggregare persone attorno a valori solidi e ben delineati senza imporli, rispettando le diverse opinioni e sensibilità. Sono luoghi di tangibile impegno e al tempo stesso luoghi di libertà. Rappresentano ciò che una moderna Sinistra dovrebbe essere: accogliente, aperta, ma netta nella visione di società inclusiva che propone. La coerenza in politica non è mai respingente, perché stimola il pensiero critico in chiunque non sia subalterno ad ideologie o interessi.
In questa epoca di politica divisiva e frammentazione spinta – degli interessi, delle identità culturali, delle comunità – le Feste offrono una alternativa, una possibile risposta in una domanda: possiamo fare qualcosa per cambiare in meglio il mondo? Oltre me e la mia cerchia ristretta, esiste un bene comune da preservare a beneficio di tutte e tutti? Porsi ancora queste domande è il sale di una democrazia sempre più a rischio, annacquata e inquinata da egoismi, prevaricazioni e falsi miti. Fra tutti, il mito dell’uomo, o donna, soli al comando.
Basterebbero queste poche ragioni per affermare che le Feste dell’Unità, come del resto i Partiti politici concepiti in Costituzione, non sono residui del passato. Poi c’è qualcosa di ancora più profondo ad avvalorare un tale impegno collettivo ed è il “sentirsi” utili. Ciascuno di noi è portatore di idee, vissuti e sentimenti unici, per i quali desideriamo essere riconosciuti. Perché non siamo solo numeri di una statistica, o clienti, consumatori, o elettori stanchi di promesse. Sentirsi soggetti e fautori di un progetto sociale, partecipare ad un’impresa comune: ecco in estrema sintesi cosa ci rende meno soli, più vitali e umani. Oltre che, compiutamente, cittadini e cittadine. VEDI ANCHE: “Violenzissima, la cultura patriarcale uccide”.
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