(10 maggio 2023) Un bilancio drammatico, che ha portato il presidente Bonaccini a chiedere e ottenere la dichiarazione di stato d’emergenza nazionale. L’Aula ha osservato un minuto di silenzio e cordoglio per le due persone che hanno perso la vita nelle alluvioni a Castel Bolognese e Fontanelice, in un contesto di centinaia di famiglie sfollate per gli allagamenti delle loro case o per inagibilità dovute, nel complesso, a ventitré corsi d’acqua in piena oltre i limiti, ben quindici rotte di argini, oltre 140 frane in Appennino, che insieme a numerosi altri smottamenti hanno interrotto strade e prodotto grandi disagi e sofferenze. Mentre si lavora per mettere in sicurezza le persone e ripristinare argini e viabilità, l’allerta continua ad essere massima, dato il prolungarsi del maltempo.
La relazione della vicepresidente Priolo in Assemblea ha illustrato nel dettaglio sia i danni provocati dalla calamità – stimati in almeno 1 miliardo di euro – sia l’imponente macchina dei soccorsi, degli interventi di ripristino immediato degli argini e dei sopralluoghi, che ha mobilitato prima di tutto la Protezione civile e i tecnici dell’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale poi Vigili del Fuoco e Forze dell’ordine, incessantemente al lavoro con Amministratori locali e volontariato. Per spiegare quanto è accaduto tra il 1° e il 3 maggio in particolare nel Bolognese e in Romagna si parla di Effetto Stau, non prevedibile dalle rilevazioni e nelle allerte meteo correttamente divulgate nei giorni precedenti il 1° maggio: le piogge si sono concentrate e amplificate non come di consueto sui crinali, bensì sulla fascia pedecollinare e di pianura per l’interazione tra la catena appenninica e l’incontro tra due masse d’aria: la prima umida sud-orientale proveniente dall’Adriatico; la seconda con correnti più fredde nord-orientali. Questo ha determinato precipitazioni molto intense e senza sosta per oltre 48 ore, portando ad una quota record di oltre 200 millimetri di acqua caduta nelle zone più colpite. Il massimo storico registrato in precedenza è stato di 100 millimetri nello stesso lasso di tempo.
Anche questa drammatica vicenda che ha flagellato case, persone, famiglie e imprese in vasti territori tra Imola, Faenza e Ravennate, Forlì-Cesena, provincia e città di Bologna e Modena, impone un approccio ben diverso a fronte di eventi estremi non più “eccezionali” ma che, purtroppo, stanno diventando ricorrenti. Le istituzioni ad ogni livello devono attrezzarsi per un mondo che sta subendo più che affrontando il cambiamento climatico in atto. La Regione Emilia-Romagna ha assunto da tempo la responsabilità di investire nella cura del territorio, con interventi regolari nella manutenzione di argini e alvei e un impegno collettivo non soltanto per accrescere la sicurezza idrogeologica, ma per accelerare una transizione ecologica che davvero mitigherà e potrà prevenire gli effetti peggiori del clima alterato, compresa la siccità. Al Governo nazionale chiediamo che tutti i progetti del PNRR per la transizione del sistema e già programmati per la difesa del suolo siano garantiti e che i Comuni, in particolare i più piccoli, possano contare su più risorse e personale.
Nell’immediato è massimo l’impegno istituzionale e politico, su cui abbiamo coinvolto anche i parlamentari dell’Emilia-Romagna, per ottenere un Decreto-Legge speciale che stanzi le giuste risorse (ben oltre i primi dieci milioni assegnati d’urgenza) e per accelerare risarcimenti, crediti e agevolazioni fiscali o sospensioni di mutui, ovvero quanto dovuto a tutti coloro che hanno subito danni. Il Governo deve poi garantire il rifinanziamento statale dei piani poliennali per la cura del territorio. Come evidenzia l’analisi delle mappe di pericolosità del Piano di gestione del rischio di alluvione 2021-2027, in Emilia-Romagna l’11,6% del territorio – pari a circa 2.600 kmq – si trova in aree ad elevato rischio. La Regione sta portando avanti misure strutturali per affrontare le criticità idrauliche, molti progetti di messa in sicurezza sono realizzati o in corso d’opera, altri programmati; mancano all’appello ancora finanziamenti in grado di proteggere le zone più fragili. Ciascuna competenza deve fare la sua parte.
Nulla purtroppo potrà colmare la perdita dei ricordi e dei frutti delle fatiche di una vita. Pensando a questo e pensando al futuro, prendiamoci cura del nostro territorio e del nostro Pianeta. E’ una priorità. Un ringraziamento enorme va alle centinaia di operatori e operatrici della protezione civile, volontari e sociosanitari, che assieme agli amministratori locali aiutano, soccorrono, sostengono con umanità e dedizione le tante persone colpite.
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