(20 aprile 2023) Le relazioni in Commissione Parità di Roberto Cavalieri Garante regionale per le persone detenute e del Difensore civico dell’Associazione Antigone Elia De Caro, ci hanno permesso di approfondire la condizione dei circa 3.340 uomini, donne e minori che stanno scontando una pena detentiva in Emilia-Romagna. Accrescere la consapevolezza sulla effettiva tutela dei diritti umani nelle carceri, avere elementi aggiornati per intervenire sulle competenze nazionali, fare luce sulle sofferenze invisibili degli ultimi, è un impegno di civiltà che ci appartiene.

L’articolo 27 della Costituzione sancisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione della persona condannata. Ma la funzione rieducativa e le concrete possibilità di reinserimento sociale dopo il carcere sono ancora un miraggio per i più. I motivi stanno nel tasso insostenibile di sovraffollamento (in media del 111% nel 2022 con picchi registrati ad esempio a Bologna del 147% e a Reggio Emilia del 120%), nell’inadeguatezza o fatiscenza di alcune strutture, nella scarsa disponibilità delle necessarie attività scolastiche, di formazione e lavoro. Le donne rappresentano il 4,11% della popolazione carceraria regionale e circa la metà di loro potrebbe accedere a misure alternative che gli vengono precluse. La presenza di donne con bimbi piccoli al seguito, pur ridottissima in regione, va sempre monitorata: il nostro obiettivo è azzerarla.

Il 2022 è stato anno record di suicidi fra i detenuti in Italia, 7 solo in Emilia-Romagna con età dai 22 ai 58 anni. Oltre un migliaio sono gli atti di autolesionismo non mortali consumati in un contesto di crescita del disagio psichico che porta a sempre più numerose tensioni, aggressioni ai danni degli agenti penitenziari (tra l’altro sotto organico) e violenze in generale; un’esasperazione dovuta anche a ritardi di presa in carico sanitaria, ad un abuso di farmaci e alla lentezza con cui la magistratura di sorveglianza risponde alle istanze dei detenuti; comprese quelle istanze legittime di accedere a misure di semilibertà o alternative al carcere che, in sicurezza, sarebbero già possibili per ben il 35% delle persone detenute che, va sottolineato, sono in media sempre più giovani.

Di certo non manca l’attenzione del Garante Cavalieri e di quelli territoriali che, dove sono istituiti, si attivano con visite e presa in carico delle criticità segnalate, in collaborazione con le Amministrazioni penitenziarie e le associazioni di volontariato. L’iniziativa “Codice Ristretto” dell’Assemblea e del Garante regionale, con il manuale che abbiamo consegnato lo scorso anno in tutti gli Istituti di pena dell’Emilia-Romagna per far conoscere alle persone detenute i diritti e opportunità offerte dalla legge, si è dimostrata molto positiva e ben accolta.

È però vero (come dimostrano i dati impietosi che ho sintetizzato) che nessuna legge o azione indipendente di garanzia, da sola, è in grado di restituire una minima dignità e speranza di recupero alle persone detenute se lo Stato non investe nella tutela dei diritti umani fuori e dentro le carceri e intende soltanto nascondere e dimenticare dietro a un muro le sofferenze. Questa maggioranza di governo non sta dando alcuna risposta diversa dalla repressione, come dimostra il decreto Cutro e la dichiarazione dello stato di emergenza sul fronte dei migranti e come testimonia anche l’aberrante proposta di legge depositata un mese fa alla Camera per cancellare il reato di tortura, introdotto nel Codice penale italiano nel 2017.