(22 marzo 2023) La ricerca “Bande giovanili di strada in Emilia-Romagna tra marginalità, devianza e insicurezza urbana”, voluta dalla Regione e illustrata in Commissione dalla curatrice prof.ssa Rossella Selmini dell’Università di Bologna, analizza modalità e origini del fenomeno sul nostro territorio. I reati commessi in gruppo registrano un aumento tra i giovanissimi, ma non con numeri tali da giustificare l’allarme mediatico cui assistiamo da mesi. In realtà, l’andamento dei reati giovanili è in diminuzione costante da prima della pandemia e solo dopo il periodo più duro delle restrizioni sanitarie ha visto una crescita, senza alcuna “esplosione” come si sente dire, nella fascia di età fra i 14 e i 17 anni.
La ricerca di Unibo ha giustamente interpellato più fonti, compresi gli stessi adolescenti aggregati a bande (in grandissima parte maschi), diversi educatori ed insegnanti. Dalle loro risposte emerge che la frustrazione dovuta alla percezione di non avere uguali prospettive dei loro coetanei più agiati e protetti è, questa sì, esplosa dopo la crisi Covid e l’approfondirsi delle diseguaglianze economiche e sociali. Rapporti difficili in famiglia e con la scuola, difficoltà di inclusione, mancanza di ascolto e di luoghi “accoglienti”, risultano tra le altre cause correlate di una rabbia che poi sfocia in atti vandalici, risse, furti in strada e bullismo nei confronti di altri minori.
Appare dunque scorretto parlare indiscriminatamente di “baby gang” criminali, in quanto si tratta nella maggioranza dei casi di piccoli gruppi informali che soddisfano il bisogno di appartenenza e di identità tipico degli adolescenti quando non trovano alternative. Questo significa sminuire il fenomeno? Assolutamente no, anzi. Significa cercare di comprenderlo al di là delle scorciatoie repressive che la destra spesso ci propone come soluzione a tutti i problemi. Non sarà certo il decreto “rave” a salvare i ragazzi da se stessi, ma la responsabilità e la capacità degli adulti di conoscere, ascoltare, interagire. Per questo il Rapporto indica alcune azioni di prevenzione di grande importanza, tra cui una rappresentazione mediatica non enfatica o stereotipata, perché nell’immaginario adolescenziale essere descritti come criminali pericolosi significa spesso sentirsi “eroi”. Altrettanto importanti sono la formazione specialistica di operatori ed operatrici sia nella scuola che in altri ambiti, il sostegno alle famiglie con minori in condizioni di disagio, l’individuazione di spazi pubblici e fisici dove i ragazzi si sentano autonomi, l’accesso egualitario allo sport ma anche al web e all’espressione musicale.
Insomma, il periodo del Covid ha fatto da detonatore per molte situazioni di disagio e devianza e l’Emilia-Romagna, a maggior ragione quando parliamo di minori, cercherà sempre fare la propria parte in profondità e senza banalizzare mai i fenomeni. QUI TROVATE LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA.
Leave A Comment