(20 dicembre 2022) Lo scorso anno risultano oltre 5.000 in Emilia-Romagna le dimissioni volontarie e le risoluzioni consensuali di lavoratori, in gran parte lavoratrici madri. Con un aumento rispetto al 2020, quando lo smart working ha permesso una maggiore conciliazione tra lavoro e genitorialità. È quanto emerge dal rapporto annuale presentato oggi in Assemblea, a cura dell’Ispettorato interregionale del lavoro in collaborazione con la Consigliera di Parità, Sonia Alvisi. Il rapporto (QUI IL TESTO) aggiorna un quadro sociale che appare sempre fortemente discriminatorio, in quanto non supportato da adeguati servizi alle persone e da una pervasiva promozione e incentivazione del welfare anche aziendale.

Nello specifico, dei 5.146 casi totali, 4.980 riguardano dimissioni volontarie: 3.282 di donne, 69 dimissioni per giusta causa di cui 50 di donne e 97 risoluzioni consensuali di cui 40 di donne. Il numero complessivo dei recessi riguarda in misura predominante le lavoratrici madri, con 3.372 casi (1.774 sono i lavoratori padri). Il maggior numero riguarda persone con un solo figlio o in attesa del primo (60,34% del totale), circa la metà per chi ha due figli (1.622 casi, il 31,5 per cento del totale); decisamente inferiore, ma in aumento rispetto all’anno precedente, la percentuale delle persone con più di due figli (419 casi). L’indagine sottolinea inoltre una prevalenza di recessi delle donne nell’ambito della qualifica impiegatizia e nel terziario, quasi quadrupla rispetto a quella degli uomini, così come il fatto che il part time è concentrato tutto tra il personale femminile.

Perché si dimettono? Le motivazioni attengono alla difficoltà di conciliare il lavoro con la cura dei figli, alla mancanza di servizi pubblici di assistenza o ancora alla mancata concessione del part time. Di converso, la ragione principale della recessione dal rapporto di lavoro per il personale maschile (a fronte del 30% femminile) è il passaggio ad un’altra azienda a seguito di una offerta lavorativa più attrattiva. Questi dati ci dicono due cose: il lavoro delle donne è il più “sacrificabile” in quanto mediamente meno qualificato e peggio retribuito; le persone e famiglie non trovano un welfare territoriale e di prossimità all’altezza dei bisogni, in particolare se genitori o quando subentra una situazione domestica di non autosufficienza.

Con le stesse motivazioni 52.436 persone, in grande maggioranza lavoratrici, si sono dimesse nel 2021 in Italia. Empowerment femminile nella formazione e sul lavoro, congedo paritario e altre misure per la condivisione delle responsabilità genitoriali, potenziamento dei servizi territoriali e universalistici di supporto al lavoro di cura… sono priorità. Priorità della politica, ad ogni livello, per superare stereotipi di ruolo ancora radicati, per far sì che non manchi il contributo di tutte/i allo sviluppo.