(Ottobre 2022) L’Emilia-Romagna spende per la salute mentale il 3,6% del Fondo Sanitario Regionale, pari a 285 milioni. La spesa media nazionale è del 2,9% a fronte di un accordo Stato-Regioni in materia che impegnerebbe ogni Regione ad una spesa pari al 5% del budget. I disagi in grande aumento richiedono un investimento congruo della Sanità che, ribadiamolo, deve garantire l’offerta pubblica e universalistica. Molte iniziative, nel periodo della Giornata Mondiale della Salute Mentale, hanno rilanciato i temi del disagio psichico e motivato la necessità di investire in servizi sociosanitari innovativi. Occasioni per fare il punto e soprattutto attrezzarci al fine di alleviare tante sofferenze vissute da persone di ogni età, tra cui sempre più numerosi sono i minori e gli adolescenti. E le loro famiglie.
Dopo aver affrontato in questi anni di pandemia, anche con una Risoluzione, la necessità di rafforzare i servizi di prossimità per non lasciare sole le persone affette da depressione, ho approfondito oggi un lato ancora più nascosto ma determinante: lo stigma che colpisce le persone affette da patologie mentali e psichiche. Davvero utile il confronto nell’ambito dell’iniziativa organizzata da Motore Sanità, con accademici esperti e con i Colleghi Consiglieri, associazioni e Direttori sanitari delle Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio.
Una ricerca pubblicata su Psychiatry Research, condotta dalla Clinica Universitaria di Bologna in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, rivela che tra i 137.351 pazienti presi in carico dai Servizi di Salute Mentale, il tasso di mortalità per infarto e tumore è 2,6 volte maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Sono proprio le conseguenze concrete di stigma e pregiudizi – stili di vita sbagliati, isolamento e ritardo nella diagnosi e nell’accesso alle cure – ad incidere pesantemente sulla qualità e durata della vita. Questa correlazione va spezzata, restituendo dignità e offrendo vera accoglienza in servizi diffusi e qualificati. Le soluzioni possibili sono diverse e sto lavorando ad una proposta calata sulla situazione territoriale che, comunque, non può non passare dal potenziamento dei punti di accesso, da campagne di corretta comunicazione e da una formazione adeguata degli operatori e operatrici.
La realtà è che in questi anni di pandemia e minacce globali si sono moltiplicati i disagi mentali e psichici. Ad esempio, in Emilia-Romagna dal 2013 al 2021 i disagi e disturbi dell’alimentazione e della nutrizione tra minori e adolescenti sono cresciuti del 234% (con un’accelerazione tra il 2020 e il ’21 che ha riguardato anche il 25% degli adulti ed in linea con la media nazionale), costituendo oggi la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali tra i giovani. Le ragazze adolescenti sono in assoluto le più colpite. L’approfondimento svolto nelle Commissioni Salute e Scuola non ha nascosto, di fronte all’impennata dei bisogni, la difficoltà per la rete regionale costituita da 16 centri, a garantire continuità assistenziale.
Il modello organizzativo su cui è impegnata già da tempo la Regione Emilia-Romagna si fonda sui programmi/PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) delle Aziende USL e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie, in una logica di “rete” tra servizi, con la persona al centro della cura, con l’intenzione e la necessità -oggi evidente- di coinvolgere pediatri, scuola e società sportive per una precoce intercettazione dei disagi tra i giovanissimi. Di recente abbiamo messo in campo un nuovo progetto: le Linee di intervento per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), finanziate dal ministero della Salute con 1.9 milioni di euro, consentiranno di consolidare il modello organizzativo regionale, attuando azioni trasversali tra cui la realizzazione di eventi di formazione rivolti a tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nella gestione della problematica DNA e la formalizzazione di un Tavolo di Rete Territoriale tra Aziende Usl, volontariato e Sistema scolastico, che promuova misure di prevenzione e promozione della salute. Ancora una volta il Terzo settore si conferma perno delle migliori progettualità.
Più in generale, sono da spendere bene i 40 milioni di euro che abbiamo stanziato per il “Piano attuativo Salute mentale”, costruito sul budget di salute, ovvero un tipo di organizzazione che potenzia gli interventi domiciliari e l’approccio che anche secondo gli esperti e secondo chiunque creda nell’umanizzazione e appropriatezza della presa in carico, non mette la patologia, ma la persona al centro di ascolto, accoglienza, cura e supporto continuativo. Potremo inoltre contare su un accordo stipulato con il Ministero della Salute, che mette a disposizione altri 5 milioni di euro per rafforzare i servizi delle Ausl. Tutto deve tenere conto dello stigma, ovvero di quegli stereotipi culturali legati alla salute mentale che si traducono in discriminazione, soprattutto nelle fasce sociali e di reddito più basse. Che persone già sofferenti debbano essere isolate e a rischio di altre patologie per colpa di pregiudizi.. è semplicemente inaccettabile.
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