(Luglio 2022) Mese di Feste del Partito Democratico sui territori e di protagonismo combattivo delle Donne Democratiche, da cui ripartiamo, insieme, per confrontarci con l’elettorato sul programma politico che presenteremo in vista del 25 settembre. La vergognosa pagina di questa crisi di governo va compresa e ricordata per la strumentalità di coloro che l’hanno aperta, ma va anche superata, per poter offrire alle cittadine e cittadini italiani risposte coraggiose e all’altezza delle crisi che stiamo attraversando. Oggi, subito, la politica torni utile alle persone e capace di ridefinire le priorità dell’agenda in base ai dati di realtà. Una realtà che ci consegna, su tutto, diseguaglianze sociali, di reddito, di genere, generazionali e territoriali approfondite in ogni ambito dalla crisi pandemica, economica, energetica ed umanitaria della guerra. Da qui ripartiamo per dare senso al nostro servizio: da una lotta senza quartiere alle diseguaglianze, discriminazioni e disparità sociali. Assumendo il punto di vista di chi più le subisce.
Nel dibattito politico predominante (e spesso sconfortante) mancano informazioni e consapevolezza rispetto alle iniquità sociali che gravano di più, anche sulla nostra economia. È dal 2010 che studi accademici e della Banca d’Italia parlano di un sostanzioso aumento del PIL se si aumenta la nostra occupazione femminile, una delle più basse in Europa. Oggi gli stessi rapporti dimostrano che un equo coinvolgimento delle donne nel mondo produttivo e del business, attuato riducendo le barriere che ne ostacolano l’ingresso o il reinserimento nel mercato del lavoro, porterebbe ad una crescita esponenziale del Pil, fino al 35% se la partecipazione è paritaria. Alla demagogia delle destre che continuerà a ignorare la serietà di ricerche e studi, rispondiamo con la realtà che ci circonda, con la quotidianità faticosa di quanti sono messi ai margini, con il vissuto delle donne che indica la direzione.
Donne estromesse dal mercato per mancanza di condivisione delle responsabilità di cura e scarsità di servizi all’infanzia e di conciliazione. Ragazze che non scelgono percorsi formativi forieri di opportunità perché pensano di non farcela. Ragazze laureate (rappresentano il 60% dei laureati italiani) che, a cinque anni dalla laurea, guadagnano il 20% in meno dei ragazzi. Donne che percepiscono pensioni troppo basse a causa delle ingiuste retribuzioni che hanno avuto sul lavoro e dei mille ostacoli, alla carriera o a un miglioramento, che hanno incontrato. La realtà è anche un’altra: dove ci sono meno ostacoli e pregiudizi, più servizi e infrastrutture sociali, le famiglie e le donne fanno figli. Non in Italia, dove il 2021 ha segnato l’ennesimo minimo storico nel tasso di natalità, con il 31% in meno di nuovi nati rispetto al 2008. Di questo passo, senza investimenti indispensabili alle famiglie, di che futuro vogliamo parlare? Il ritorno improvviso alle urne mette a rischio anche gli investimenti sociali programmati sul Pnrr, così come gli incentivi trasversali per sostenere l’equa occupazione. Bastavano? No, però servivano in un quadro che richiede misure forti, ad esempio il part-time di coppia agevolato, congedi parentali paritari, sgravi fiscali e contributivi conseguenti.
Di questo e molto altro, della netta alternativa che vogliamo percorrere, ho già avuto occasione di parlare nelle tante iniziative promosse dalle Donne Democratiche e dal PD nelle Feste dell’Emilia-Romagna. Da Campagnola Emilia a Rimini, da Villanova di Casalgrande a Cesena, da Castel Maggiore a Bosco Albergati di Modena -dove era con noi Anna Ascani-, tutti i confronti hanno evidenziato, ancora una volta, come i diritti delle donne siano una leva di eguaglianza e sviluppo sostenibile dell’intera società. Laddove abbiamo approfondito le politiche per prevenire e contrastare il sessismo, i femminicidi e le violenze sulle donne, ne abbiamo ricordato anche il costo economico: lo studio dell’istituto Eige 2021 attesta sui 366 miliardi di euro, ogni anno, in tutta l’Unione Europea, il costo pagato a causa delle diseguaglianze e discriminazioni di genere; il 79%, ovvero 289 miliardi, è il costo della violenza di genere in Europa.
Noi pensiamo che queste siano priorità nell’agenda programmatica per la campagna elettorale lampo che stiamo già affrontando. Il Partito Democratico dovrà tracciare un profilo radicale, dire con chiarezza da che parte sta. Ossia, semplicemente, dalla parte di chi più ha subito e subisce ogni giorno le ingiustizie di questo martoriato tempo.
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