(1 luglio 2022) Dare la cittadinanza italiana alle bambine e ai bambini di origine straniera che sono nati o arrivati entro i 12 anni in Italia dove hanno completato uno o più cicli scolastici di almeno cinque anni, è un passo giusto e necessario. Per questo abbiamo approvato una Risoluzione che chiede l’approvazione in tempi rapidi dello Ius Scholae in Parlamento.
Giusto, perché non dare loro accesso alla cittadinanza significa sottrargli a priori ogni possibilità di autentica integrazione, di formazione e lavoro qualificato, di partecipazione e realizzazione personale. Necessario, perché discriminare circa un milione di minori che hanno studiato e si sentono italiani ma non vengono riconosciuti come tali significa esentarli dalla responsabilità della cittadinanza fatta di doveri oltre che diritti, e significa aumentare le tensioni e le diseguaglianze a scapito della sicurezza sociale e democratica.
L’audizione in Commissione congiunta Parità e Scuola sul progetto di legge di modifica delle norme sulla cittadinanza ancora in discussione e oggetto di feroci polemiche, con le testimonianze del Comune di Bologna e di Reggio Emilia, della campagna “Dalla Parte Giusta della Storia” e dell’associazione “Italiani senza cittadinanza” ha rappresentato su tutto una semplice verità: senza equità si creano solo enormi sofferenze, mentre la società italiana ed emiliano-romagnola ha bisogno di giovani cittadine e cittadini che la facciano crescere e prosperare. Mettere al centro i diritti umani e di cittadinanza non è parlare d’altro, è cercare di prevenire conflitti e le loro conseguenze devastanti che martoriano il mondo.
“Chi deve essere cittadino?” è una domanda che si poneva già Aristotele e la risposta dipende dai presupposti fondativi di uno Stato. Quando si è in una Democrazia compiuta come riteniamo di essere, la cittadinanza dovrebbe essere riconosciuta a tutti coloro che partecipano attivamente allo sviluppo sociale, economico e civile. Si tratta di una battaglia giusta coerente con il principio di eguaglianza dell’art. 3 della Costituzione, da vincere.
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