(Telereggio – 8 marzo 2022) Grazie all’emittente e a Manuela Catellani per aver ospitato il mio intervento. Perché non è mai inutile riaffermare l’autodeterminazione e i diritti conquistati dalle donne che, come sappiamo, vanno presidiati ogni giorno.
Nel 2020 gli aborti farmacologici hanno superato per la prima volta quelli chirurgici. Ma le interruzioni di gravidanza non sono aumentate. Roberta Mori, consigliera Pd in Regione: “La legge 194 non si tocca”
REGGIO EMILIA – L’introduzione della Ru486 e la possibilità di abortire per via farmacologica non hanno comportato un aumento del numero delle interruzioni volontarie di gravidanza. Ne parliamo nell’ultima puntata del nostro approfondimento sull’applicazione della legge 194. La Ru486 fu introdotta nel sistema sanitario italiano nel 2009, dopo anni di scontri e di battaglie. Coloro che erano contrari, sostenevano che la pillola abortiva metteva a rischio la salute della donna e avrebbe determinato un aumento delle interruzioni di gravidanza. Nel 2020 sono state aggiornate le linee guida per il suo utilizzo: il limite per la somministrazione è stato esteso alla nona settimana di gestazione senza obbligo di ricovero per la donna. In quell’occasione, l’allora vescovo di Reggio Massimo Camisasca espresse la sua totale contrarietà. “La depenalizzazione dell’aborto – scrisse il vescovo – ha portato ad una cultura di morte”. La Ru486 garantisce la possibilità di interrompere volontariamente una gravidanza per via farmacologica, in alternativa all’intervento chirurgico, attraverso un percorso che prevede almeno tre visite in ospedale.
“Nonostante l’emergenza pandemica, è partita l’anno scorso in Emilia Romagna la sperimentazione per la somministrazione della Ru486 anche nei consultori familiari, al fine di allargare l’accessibilità rispetto alle sedi ospedaliere e ambulatoriali già attive. Il coinvolgimento delle professionalità dei consultori è importante perché questi presìdi sono un punto di riferimento importante per le ragazze, per le famiglie riguardo alla salute perinatale, riproduttiva e sessuale”. Così la consigliera regionale del Pd Roberta Mori.
Nel 2020 in Emilia-Romagna, le interruzioni di gravidanza farmacologiche hanno superato per la prima volta quelle chirurgiche. A Reggio, su 753 aborti, il 58% è stato praticato con la Ru486. Ma l’introduzione della pillola abortiva non ha fatto crescere il numero delle interruzioni di gravidanza, come invece prevedevano gli oppositori della legge 194. In 25 anni a Reggio si è registrato un calo del 34%. “Da quando esiste la pratica farmacologica che è meno invasiva e più rispettosa anche della dignità delle persone non si è mai registrato nessun aumento delle interruzioni volontarie di gravidanza che anzi sono in costante calo da circa 15 anni, – chiosa Mori – il diritto per una donna di essere presa in carico in sicurezza quando compie questa dolorosa scelta è per noi intoccabile”.
Vorrei capire come la somministrazione della RU486 e il successivo fai da te a casa sia coerente con” il dfiritto della donna di essere presa in carico in sicurezza quando compie questa dolorosa scelta”. A me sembra che sia lasciata sola e non in sicurezza.
Buongiorno Dino, provo a rispondere velocemente dal blog. Ciò che ci sta a cuore, ciò che conta, è la libertà di scelta e il diritto alla salute della donna così come garantiti dalla legge. Le associazioni di medici e associazioni femminili hanno segnalato nel 2020, in piena pandemia, che molte donne e ragazze in altre Regioni (non a caso governate dal centrodestra) non hanno trovato accesso all’unica IVG – quella farmacologica – che dava loro sicurezza sanitaria. Sono le donne che, a prescindere dall’emergenza, stanno chiedendo sempre più di ricorrere alla Ru486 al posto della chirurgia, in particolare dopo le recenti linee guida ministeriali che hanno aggiornato le modalità di somministrazione rendendole più consone e sicure. In Emilia-Romagna le applichiamo proprio garantendo che nessuna sia lasciata sola: la donna viene informata anche nei Consultori, è seguita dal medico e dalla struttura di riferimento in raccordo con l’ospedale ove occorra in caso di complicanze, e viene contattata per una visita di controllo anche dopo la IVG. Per quanto mi e ci compete, monitoriamo affinché le linee guida siano applicate correttamente in ogni distretto sociosanitario, non ci sia alcun “fai da te” ma al contrario la concreta esigibilità del diritto alla salute. Cordialità, Roberta