(10 febbraio 2022) L’audizione in Commissione Parità delle esperte Tindara Addabbo, Giovanna Cosenza e Vera Gheno ha sottolineato con opportuna profondità il potere delle parole e delle immagini che usiamo tutti i giorni, nella comunicazione privata e pubblica. Perché il linguaggio con cui comunichiamo rispecchia e al tempo stesso ‘costruisce’ la cultura in cui siamo immersi e che influenza scelte e comportamenti.
Il tema è politico, in quanto il linguaggio non è questione solo formale ma sostanzia il riconoscimento dell’Altro da sé, la percezione della realtà e dei ruoli, l’idea di società che guida le nostre azioni. C’è chi non vede – o forse non vuole vedere – il legame tra il nostro modo di stare nel mondo e le parole che utilizziamo (come ha ben spiegato Vera Gheno) e allora declassa la questione a formalismo dicendo che c’è ben altro: non è così e abbiamo imparato a riconoscere il “benaltrismo” che nasconde la volontà di impedire progressi civili e sociali. La Regione Emilia-Romagna opera per riconoscere, garantire e adottare un linguaggio non discriminante, inclusivo e rispettoso di differenze e diversità. Lo fa prima di tutto in base all’art. 9 della Legge quadro regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere, a supporto necessario delle proprie politiche di inclusione sociale ed economica. Coerentemente, la Regione si attrezza con strumenti formativi e di verifica in grado di evitare che l’uso generalizzato del maschile neutralizzi la ricchezza delle identità di genere e che il femminile rimanga nel backstage della società e della storia.
Le Linee guida in ottica di genere nella comunicazione della Regione Emilia-Romagna risalgono al 2014 e vanno attualizzate. Su questo la professoressa Addabbo ci ha fornito preziose indicazioni, ad esempio per declinare al femminile incarichi e ruoli ricoperti tenendo conto dei riferimenti culturali di chi ascolta o legge, senza appesantire il discorso. Se vogliamo – come vogliamo – cambiare in meglio la società e la cultura diffusa per prevenire violenze e odio, ebbene dobbiamo conoscere le radici delle discriminazioni perpetuate dal linguaggio. E affermare ogni registro espressivo utile nel cammino verso la democrazia paritaria. La formazione ad un linguaggio di genere e non discriminatorio, anche nelle immagini che accostiamo ai messaggi, è dunque fondamentale. L’Università esercita un ruolo insieme alle altre istituzioni, anche finalizzato ad aprire spazi di dialogo, condivisione e creatività nella comunicazione inclusiva. Lo sa bene anche la professoressa Cosenza, con cui abbiamo collaborato in particolare quando era presidente del Corecom, per abbattere gli stereotipi sessisti e di genere, per diffondere le parole “giuste”.
Nel mio intervento ho ringraziato il presidente Federico Amico per aver organizzato l’approfondimento e l’assessora Barbara Lori per la partecipazione e l’impegno espresso. E ho ringraziato per l’efficacia e la generosità degli interventi la sociolinguista dottoressa Vera Gheno, la docente di Semiotica presso l’Università di Bologna professoressa Giovanna Cosenza, la professoressa Tindara Addabbo docente di Economia del lavoro presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dove opera e contribuisce alla battaglia antidiscriminatoria il professore e già collega in Regione Thomas Casadei.
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