(27 gennaio 2022) Il virus dell’HIV è, in tempi recenti, forse l’unico agente epidemico paragonabile all’attuale coronavirus per impatto sociale e psicologico, per gli effetti destabilizzanti profondi che ha prodotto e che, in parte, continua a determinare. La specificità dell’Aids è lo stigma culturale e sociale, legato a sessualità e promiscuità, che aggrava le sofferenze delle persone colpite e porta al silenzio se non alla rimozione del problema. Di Aids e di “HIV pandemia silenziosa” abbiamo parlato in un focus promosso da Motore Sanità con responsabili Ausl e professionalità della filiera assistenziale della Romagna, dedicato ad aggiornare le attività territoriali di prevenzione e di lotta agli stereotipi che ancora oggi frenano i progressi per un superamento del contagio.
Nel mio intervento di saluto ho sottolineato alcune priorità di fondo. Ogni intervento migliorativo in campo non potrà prescindere dai servizi di prossimità, dalla loro qualificazione con approcci multidisciplinari e volti a realizzare un rapporto di fiducia tra professionisti e utenti. Tra i dati nell’ultimo rapporto regionale HIV colpisce il numero delle diagnosi tardive: un 66% delle nuove infezioni registrate nella nostra regione (sui 140 casi nuovi del 2020, – 71 rispetto al 2019) sono persone che arrivano alla diagnosi già con l’Aids o in una fase molto avanzata. Ciò è indice di una bassa o sbagliata percezione del rischio e di un sommerso da far emergere. Il dato ci dice che molto ancora abbiamo da fare per informare e abbattere pregiudizi e per far sì che il contagio si blocchi anche grazie al ruolo responsabile dei positivi.
Oltre al monitoraggio e alla sorveglianza epidemiologica, sicuramente in Emilia-Romagna giocano un ruolo positivo, da incrementare, la capacità dei nostri servizi di salute e dei medici di base di tenere alta la guardia, le campagne di informazione e la sensibilizzazione diffusa contro le discriminazioni che coinvolge anche scuole e istituti educativi, gli indirizzi di Prevenzione in materia di malattie infettive condivisi nel Piano regionale e una cultura della prevenzione che si è fatta strada nella cittadinanza. La stessa presenza di una rete consultoriale rappresenta, nell’ambito della salute sessuale e riproduttiva, un presidio fondamentale sul territorio per l’informazione sui rischi reali, per la prevenzione e la diagnosi precoce.
Nel rispetto del ‘Piano nazionale di interventi contro l’HIV e AIDS’ e cogliendo appieno le ultime indicazioni ministeriali, è tempo di rilanciare la nostra azione di contrasto e prevenzione dell’HIV. Ne abbiamo le forze se, come intendiamo fare, impiegheremo le risorse programmate per attrezzare la rete sociosanitaria nel suo complesso, compresa quella “periferica”, degli strumenti e delle competenze che servono. Penso che il prossimo Piano sociale e sanitario – di cui abbiamo iniziato il percorso ascoltando professionisti, strutture e rappresentanze sociali – debba mettere in campo azioni informative più capillari e una campagna di screening dedicato, sostenuto da indicazioni operative puntuali e misurabili e con un salto di qualità sia nel counselling che nel coinvolgimento della popolazione e del Terzo settore, adeguatamente formato con il coinvolgimento delle associazioni storiche per i diritti.
Prima parlavo di rimozione. Ecco una sintetica fotografia dell’HIV oggi. UNAIDS stima che nel 2020 a fronte di 37,7 milioni di persone che vivono con il virus, ci siano state 1,5 milioni di nuove diagnosi di Aids nel mondo (104.765 in Europa). Il numero delle nuove diagnosi è diminuito nel tempo, in particolare dal picco di 3 milioni di nuove infezioni registrate nel 1997. Le infezioni da HIV colpiscono oggi soprattutto giovani tra i 15-24 anni; tra gli adolescenti dei Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, 6 nuove diagnosi su 7 riguardano ragazze sotto i vent’anni. Mentre ad esempio in Emilia-Romagna e in tutta Europa l’incidenza di gran lunga maggiore è nei maschi. Grazie all’affinamento delle terapie e all’accesso a dispositivi di protezione e condom, sono diminuiti nel tempo anche i decessi, nel 2020 nell’ordine dei 680.000. Oggi vi sono cure avanzate, che permettono di tenere sotto controllo la malattia e assicurano protezione sociale. La ricerca deve andare avanti per trovare soluzioni di profilassi oltre che terapiche integrate, ma ogni azione e progresso medico-scientifica deve essere accompagnato da una potente e diffusa consapevolezza.
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