“Lo Stato sta perdendo la battaglia, la società si mobiliti per una rivoluzione civile che ponga fine ai femminicidi”. Nota della Conferenza delle Donne Democratiche del PD dell’Emilia-Romagna in occasione della Giornata internazionale contro la violenza di genere.
“Dopo i femminicidi degli ultimi giorni di Sassuolo e Reggio Emilia prevale la rabbia verso un sistema inadeguato che non protegge le donne. Quelle donne avevano denunciato, avevano chiesto aiuto. Troppi sono i femminicidi che si configurano come morti annunciate. E senza fine è la scia di una violenza che non risparmia i bambini. È inaccettabile. Le panchine rosse e i tanti eventi di sensibilizzazione che in questi giorni vengono promossi dalle nostre Comunità locali e dalle associazioni sono necessari, ma non bastano. Questa piaga civile, sociale e strutturale chiama in causa, oltre alla responsabilità diretta degli uomini violenti, una responsabilità collettiva che coinvolge in primo luogo i presìdi dello Stato di diritto, tutte le istituzioni che hanno gli strumenti per prevenirla e contrastarla. La mattanza, lo stillicidio cui assistiamo ci porta, in occasione della Giornata internazionale del 25 novembre per l’eliminazione della violenza contro le donne, a fare un bilancio negativo, profondamente drammatico, di una battaglia che lo Stato sta perdendo.
Le Donne Democratiche hanno contribuito in Emilia-Romagna a consolidare una robusta rete di Centri antiviolenza e di servizi sociosanitari a tutela e prevenzione sui territori, a realizzare con una legge quadro per la parità una politica concreta che in Regione sta affrontando con interventi organici e risorse adeguate tutti gli aspetti culturali e discriminatori che alimentano la violenza maschile. Tale impegno strategico, 365 giorni l’anno deve essere supportato e integrato dall’utilizzo coerente e convergente di ogni strumento di legge e istituzionale teso a proteggere le donne minacciate e violate.
Resta infatti un buco nero che riguarda inevitabilmente anche la giustizia e le forze dell’ordine. I dati della commissione parlamentare d’inchiesta su femminicidi e violenza di genere parlano chiaro. In Italia (come in quasi tutti i Paesi del mondo) mancano dati univoci, un Osservatorio nazionale che offra un quadro certo e ufficiale dei femminicidi e di tutti gli abusi e reati contro le donne. Persiste una difficoltà a riconoscere la violenza nelle relazioni intime, da cui discende una sottovalutazione delle denunce e un ridimensionamento dei fatti poiché ancora oggi accade che la violenza venga derubricata dalle forze dell’ordine a “lite familiare” o “relazione burrascosa” e la donna persuasa a tornare a casa e lasciar perdere. Provvedimenti restrittivi e di protezione delle donne che pure trovano il coraggio di denunciare, come gli allontanamenti dei partner dai contesti familiari e i braccialetti elettronici, non vengono applicati con rigore univoco basato sulla corretta e completa lettura dei fattori di rischio. Manca con tutta evidenza un’adeguata formazione degli operatori, anche in Magistratura e tra gli operatori del diritto, spesso sprovvisti dei necessari elementi di conoscenza e consapevolezza dei fattori di rischio e delle caratteristiche di un fenomeno complesso qual è la violenza di genere. Tale fragilità nell’applicazione degli strumenti di legge, tali sottovalutazioni culturali e il persistere di stereotipi a carico delle donne, inducono il 63% di loro a non parlare con nessuno della violenza subita. Oggi l’imperativo morale è non lasciare sola nessuna ragazza e nessuna donna nella paura e nell’invisibilità di una violenza che per l’80% si consuma tra le pareti domestiche e nelle relazioni affettive.
Le Donne Democratiche dell’Emilia-Romagna, nel ritenere adeguato e da estendere a livello nazionale l’approccio sistemico del Piano regionale 2021-23 della Regione Emilia-Romagna, chiamano a raccolta tutte le donne e gli uomini consapevoli della radice culturale e patriarcale di una violenza endemica quanto inaccettabile in un Paese civile che si dice democratico. Riteniamo urgente una mobilitazione dal basso, che si appelli allo Stato, alle istituzioni tutte che hanno in mano la vita di donne e ragazze violate, segregate minacciate da uomini violenti. Nell’accogliere con grande favore l’iniziativa di una Assemblea legislativa straordinaria per dicembre, lanciata dalla presidente Emma Petitti e dal presidente della Regione Bonaccini, riteniamo che la piaga sociale del femminicidio richieda una vera e propria rivoluzione civile a baluardo dello Stato di diritto e di una democrazia che o è paritaria, o non è. La violenza non deve diventare un destino.”
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