(7 ottobre 2021) “I Talebani sono responsabili di massacri civili, impongono leggi vecchie di mille anni. Gli uomini non devono sentire i passi delle donne altrimenti le picchiano per strada, nonostante indossino gli abiti tradizionali. Chiediamo al governo italiano di non riconoscere il governo talebano”. Queste le parole di Nawin Abdullah Reha, responsabile del Focal Point Human Rights nella provincia di Takhar, nell’ambito di una drammatica testimonianza resa durante la seduta congiunta delle Commissioni Parità e Cultura. Un approfondimento sulla situazione in Afghanistan che ha rafforzato la nostra consapevolezza rispetto alla crisi umanitaria in atto e la volontà di proseguire nelle azioni concrete di solidarietà.

Gli interventi della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della onlus COSPE, in prima linea dai primi giorni per supportare le evacuazioni e le persone in pericolo, ci dicono che i riflettori devono continuare a rimanere accesi sulle migliaia di richieste disperate di aiuto che ogni giorno continuano a giungere alle organizzazioni umanitarie. Il Governo italiano è riuscito ad evacuare 5 mila persone, sta lavorando per evacuarne altre 2.500. Ghafoori Abdul Wodood, collaboratore del COSPE nella gestione dei progetti umanitari, ha raccontato a sua volta di cancellazione di libertà fondamentali per le ragazze e le donne, della persecuzione delle attiviste e attivisti per i diritti umani, di una spietata violenza contro chiunque non si sottometta alle regole del regime talebano e di un rapido impoverimento del territorio che sta portando all’indigenza milioni fra adulti e bambini.

Il popolo afghano sta perdendo la speranza e pressante è la richiesta di un sostegno internazionale non solo per realizzare corridoi umanitari e un’accoglienza regolata di chi riesce ad allontanarsi (come sollecitato dalla Risoluzione approvata a settembre dal Parlamento Europeo) ma anche per un presidio per i diritti umani sullo stesso territorio afghano volto alla concreta sopravvivenza e dignità delle persone.

La vicepresidente Elly Schlein ha spiegato che la Regione Emilia-Romagna c’è e ci sarà, proseguendo in un impegno solidale concreto che si basa anche sulla disponibilità di tanti Comuni. Stiamo operando per i ricongiungimenti familiari, per l’accoglienza di giovani atlete e studenti universitari. Ad oggi si sono accolte in modo dignitoso e in sicurezza sanitaria oltre 400 persone di cui 134 minori. Da inizio crisi, inoltre, si sono resi disponibili a sostegno dei profughi centinaia di mediatori culturali, nel 70% dei casi donne. I fondi su progetti europei di cui siamo capofila supporteranno gli inserimenti scolastici e lavorativi necessari. Assistenti sociali e strutture sanitarie continuano a lavorare insieme e con le associazioni di volontariato attive sin dai primi arrivi.

A livello nazionale, grazie ad una fattiva collaborazione tra Regioni ed Enti locali si è arrivati ad una proposta unitaria al Governo per la gestione coordinata dell’accoglienza e per l’integrazione sociale, per chiari criteri di ripartizione tra le regioni, per privilegiare la rete di accoglienza e inclusione SAI, ampliata allo scopo. Il governo italiano sta agendo con rapidità per evadere le richieste di asilo. Occorre fare il possibile per evitare rimpatri forzati e l’Europa deve creare una legislazione apposita sul diritto d’asilo. Ogni Paese dell’Unione dovrebbe fare la propria parte per non abbandonare una seconda volta il popolo, le donne afghane.