(27 maggio 2021) L’utilizzo di un linguaggio non discriminatorio è fondamentale laddove si voglia promuovere un cambiamento culturale e una società dove inclusione, equità e pari opportunità siano patrimonio comune. E’ altrettanto vero che la lingua evolve proprio perché la società cambia. Ed è di fatto cambiata. Fino ad alcuni decenni fa, ad esempio, la presenza delle donne era talmente delimitata a precisi settori e posizioni lavorative che non si poneva neppure la questione di declinare i nomi delle professioni in maniera corretta e in base al genere. Oggi che vi sono sempre più professioniste come avvocate o notaie e, nonostante le note resistenze di potere, ministre, sindache e assessore, chiamarle con il loro nome diventa un’affermazione di esistenza, oltre che un’operazione linguisticamente esatta. Le forzature e stonature che molti ancora percepiscono quando si declinano certi termini al femminile non sono motivate dalla grammatica quanto da fattori socio-culturali, da abitudini antiche e stereotipi duri a morire. Insomma, lo stereotipo per cui il femminile è più debole rispetto al maschile porta ad associare la declinazione ad uno svilimento della carica o del ruolo, quando è vero esattamente il contrario! Definire le persone per come sono significa riconoscerle e riconoscerle nella loro soggettività spiana la strada a quelle azioni e politiche necessarie a rendere pienamente esigibili i loro diritti.

Di questo e molto altro abbiamo parlato nel convegno in streaming di Eutopian dal titolo “Non solo asterischi. La costruzione di un linguaggio inclusivo”, un dibattito interessante perché riguarda tutti e ciascuno di noi nella convivenza con l’”altro”, nei rapporti sociali e di potere dove sessismo, neutralizzazione o negazione delle differenze e diversità sono dietro l’angolo. Con me sono intervenuti il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, la presidente del Gruppo PD alla Camera dei deputati Debora Serracchiani, la professoressa e già ministra della Difesa Elisabetta Trenta, nonché altre significative testimonianze. Grazie ad Angelica Giambelluca e Roberto Reale per la sensibile conduzione.