I tempi per la parità di genere si allungano di un’altra generazione come conseguenza della crisi pandemica, precisamente di 36 anni. Lo accerta la nuova edizione del Global Gender Gap Report del World Economic Forum, che ogni anno aggiorna la mappa mondiale del divario di genere. Se nel rapporto 2020 si stimavano in media 99,5 anni per raggiungere la parità tra donne e uomini, oggi la prospettiva è di 135,6 anni. Nell’anno segnato dal Covid la crisi sanitaria e sociale ha fatto crollare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, come stiamo vedendo da tutte le statistiche che riguardano l’Italia. In parallelo sono diminuite le opportunità per le ragazze e le madri, che hanno visto appesantirsi ulteriormente il carico delle loro incombenze di cura.
Le performance dei 156 Paesi indagati dal World Economic Forum sono misurate da quattro indicatori – opportunità economiche, potere politico, istruzione e salute – su una scala da 0 a 100, a seconda della distanza dalla parità o della percentuale del divario di genere che è stato chiuso. Il nord Europa con Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia si conferma in cima alla lista dei paesi più inclusivi al mondo. La loro maggiore resilienza è assicurata in particolare da infrastrutture sociali che sostengono le famiglie e le madri, che supportano sia le imprese che le lavoratrici e i lavoratori licenziati. Ma anche dalle risorse che questi Paesi dedicano alle politiche paritarie. Non c’è dubbio: inclusione e valorizzazione dei talenti femminili, eguaglianza di genere nel lavoro, deve essere obiettivo centrale, trasversale, adeguatamente finanziato del Piano di ripresa e resilienza. Per crescere non possiamo aspettare ancora anni, tantomeno oltre un secolo.
Anche perché se l’Italia risale nella classifica dal 76° al 63° posto, ciò è dovuto quasi esclusivamente al miglioramento nella rappresentanza politica femminile, con il 34% fra ministre, viceministre e sottosegretarie presenti nel precedente governo Conte; mentre siamo al 114° posto per partecipazione economica, cioè fanalino di coda a livello europeo. Secondo il Global Gender Gap Report pesano in modo insostenibile le disparità di reddito e la bassissima presenza nelle posizioni manageriali. Il reddito stimato delle donne italiane è in media pari a solo il 57,2% di quello degli uomini e la differenza da colmare sulle retribuzioni è del 46,7%. Rilevata infine la nota arretratezza nella partecipazione femminile ai corsi di studio che danno più prospettive in termini di occupabilità e qualità del lavoro: dalle materie STEM provengono solo il 15,7% delle laureate, quasi la metà dei maschi (33,9%).
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