(5 giugno) I temi di un rinnovato e necessario riformismo, introdotti dal vicesegretario PD Andrea Orlando, sono stati al centro dell’assemblea nazionale dell’associazione DEMS. Molti i contributi resi in diretta facebook (qui il VIDEO) ad una elaborazione che riparte oggi dai problemi enormi della crisi economica e sociale causata dalla pandemia, con l’ambizione di coinvolgere larga parte della società in un progetto di cambiamento che colmi distanze e ritardi decennali. Il Partito Democratico porta idee, competenze, passione politica e valoriale che, se dispiegate e concretizzate, possono davvero nutrire una stagione di ricostruzione in grado di superare le fragilità sistemiche del nostro Paese. Tra queste fragilità, come ho sottolineato nel mio intervento, risalta la disuguaglianza di genere, che è possibile sanare con interventi concreti, trasversali e integrati alle politiche per la crescita.
Perché se l’emergenza sanitaria e il lock–down hanno interrotto tanti percorsi e progetti di vita, hanno accentuato in modo particolarmente drammatico proprio le disuguaglianze tra donne e uomini nel lavoro e nel protagonismo sociale. Non possiamo permetterci che l’attuale ulteriore arretramento della condizione femminile, già evidente sia nei numeri dell’occupazione, della cassa integrazione e dell’imprenditoria, sia nel disagio crescente delle donne in ambito familiare e domestico, diventi irreversibile. Il rischio per tante di tornare indietro si evince anche dagli stereotipi che accompagnano questa fase di ripartenza. Basti citare l’immagine domestica scelta per promuovere Immuni, l’app del Governo creata per ottimizzare il tracciamento contro l’epidemia di Covid-19: lei che in una stanza accudisce il bambino e lui che nella camera accanto lavora al computer. Soltanto dopo innumerevoli critiche e proteste – tra cui quella di Andrea Orlando: “La vicenda dell’app non va minimizzata perché è sintomo di qualcosa di grave e profondo” – l’immagine è stata sostituita con una non stereotipata.
Ecco, parte della sfida che ci attende sta qui, in un rispetto della soggettività femminile che diventi patrimonio comune di una società finalmente paritaria, dove non vi sia più bisogno di recuperare terreno e rivendicare diritti. Occorre perciò quello che chiamiamo Women new deal, vale a dire un piano strategico e integrato dedicato a colmare i gap di genere in ogni ambito. Lo richiede un Paese in affanno e impoverito dalle sue storiche diseguaglianze, solleticato perciò dalle facili lusinghe dei sovranisti. Per progredire insieme e concretizzare i principi costituzionali la strada c’è: utilizzare con coraggio le risorse europee e la leva pubblica per risolvere problemi quali la denatalità, la mancanza cronica di servizi di conciliazione e di sostegni al lavoro femminile, l’esclusione delle donne dalle posizioni apicali e dal potere economico. L’Agenda 2030 dell’ONU per la sostenibilità del Pianeta si compone di 17 obiettivi, tra i quali l’eguaglianza di genere. La capacità di tradurli tutti in una politica utile, praticata e pragmatica, al servizio delle persone, farà la differenza.
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