(Bologna) Salari femminili più bassi tra le laureate rispetto agli uomini, meno donne nei luoghi di vertice decisionali, nonostante siano in numero più elevato tra le matricole universitarie, a dimostrazione che le ragazze puntano sulla preparazione e la competenza. E tutti dovremmo fare di più per rimuovere gli ostacoli alla loro carriera. Si conferma un quadro generale non paritario, spesso discriminatorio, anche nei dati presentati al seminario “Bilancio di genere e azioni per le pari opportunità nelle Università dell’Emilia Romagna” che si è svolto questa mattina presso l’Assemblea legislativa. Ringrazio per aver promosso questo importante appuntamento tutte le sensibili docenti e referenti CUG degli atenei, in particolare per l’Università di Bologna Benedetta Siboni, la Prorettrice per le Risorse umane Chiara Elefante, la Delegata per il Benessere lavorativo Tullia Gallina Toschi e la Delegata per le Pari Opportunità Rita Monticelli. Una iniziativa che, mettendo in rete gli atenei e i CUG istituzionali dell’Emilia-Romagna nella elaborazione e utilizzo di bilanci di genere, si inserisce tra gli indirizzi di mandato della nostra Regione. Per far sì che le politiche di parità siano sempre più strutturali e dunque efficaci, bisogna infatti parlarne in termini molto concreti, orientando le azioni sulla base di dati che registrano nel tempo diseguaglianze e impatto dei gap di genere nella società.

Ha partecipato la Consigliera regionale di Parità Sonia Alvisi, che ha ribadito l’impegno “a intervenire sulle discriminazioni in ogni ambito lavorativo, in stretto collegamento e collaborazione con l’attività dell’Ispettorato del lavoro”. Grazie alla promozione di rete gli Atenei di Parma e di UNIMORE Modena e Reggio si stanno predisponendo ad attivare propri Bilanci di genere. Tra i dati presentati da Unimore emerge una percentuale di iscritte in una facoltà come Ingegneria, storicamente più maschile, pari al 15,8% nel biennio 2018/2019. In crescita, grazie ai campus estivi e alle altre iniziative di promozione fra le studentesse delle discipline STEM (tecnico-scientifiche e informatiche) introdotte da qualche anno, con il sostegno della Regione. Per quanto riguarda i report di genere di Bologna e Ferrara, ad uno stadio più avanzato, ecco di seguito i dati in sintesi.

A Bologna, tra i docenti si manifesta un’evidente prevalenza maschile (60% contro il 40%) mentre le ragazze sono più numerose fra gli studenti (56% contro 44%). Nell’arco dell’ultimo triennio non si sono verificate variazioni rilevanti, ma si può comunque notare una crescita dal 55,3% al 56,3% della presenza femminile tra le matricole. L’analisi della riuscita degli studi conferma un vantaggio femminile ma, una volta conseguita la laurea triennale, sono più gli uomini che proseguono gli studi (58% la percentuale di donne che proseguono nel biennio, 67 quella maschile), ma fra i laureati nel primo ciclo, lavorano più frequentemente le donne rispetto agli uomini (41% contro 34%), complice il fatto che spesso si tratta di un lavoro part time, che coinvolge il 19% delle laureate e solo il 14% dei laureati. Per quanto riguarda i valori medi dei salari e degli stipendi ottenuti a uno, tre e cinque anni dalla laurea, le donne continuano a guadagnare meno: maggiore è la distanza temporale dalla laurea, maggiore risulta lo svantaggio retributivo femminile, che raggiunge in media 258 euro mensili a cinque anni dal conseguimento del titolo per chi lavora a tempo pieno, 192 euro per i lavoratori part time. Se si osserva l’andamento tipico di una carriera accademica, che parte dalla posizione di studente passando per quella di dottorando di ricerca fino all’incardinamento (ricercatore, professore associato o ordinario) si nota un progressivo calo della presenza femminile. Infatti, nell’Ateneo di Bologna sono al 56% le matricole e al 57% le laureate, dato che attesta l’investimento in formazione. Quando si passa alle fasi successive della carriera, la percentuale di donne si abbassa progressivamente. E’ rosa il 48% degli iscritti al primo anno di dottorato, il 47% fra i ricercatori, il 43% dei docenti associati e infine il crollo al 26% tra gli ordinari. In termini assoluti, nel 2018, su 3.883 tra docenti, ricercatori e assegnisti queste sono le proporzioni: gli ordinari sono 687 (26% donne, 74% uomini), gli associati 1.065 (43% donne, 57% uomini), i ricercatori a tempo indeterminato sono 596 (50% ciascuno) e quelli a tempo determinato sono 395, con una media di presenza femminile al 42,5%, mentre gli uomini sono il 57,5%. Gli assegnisti di ricerca sono in totale 1.140: le donne sono il 53%, gli uomini 47%.