(30 ottobre) Una pagella tra luci e ombre quella dell’Italia in materia di pari opportunità rispetto alla media europea. In Commissione parità e diritti delle persone il dott. Davide Barbieri, statistico dell’Istituto europeo sull’uguaglianza di genere EIGE, ci ha illustrato il dettaglio dell’analisi: “Dal 2005 il nostro paese ha registrato i progressi più alti rispetto agli altri, ma ovviamente partendo dal basso è più facile salire. La maggior parte dei progressi deriva dalla sempre migliore partecipazione delle donne ai processi decisionali in riferimento al dominio del potere, però le donne italiane sono ancora molto penalizzate soprattutto nel campo lavorativo”. L’istituto tematico dell’Unione europea con sede in Lituania ha il compito di fornire dati, analisi e conoscenze tecniche a Bruxelles e ai singoli Stati comunitari su questi temi. Punto di riferimento per la violenza contro le donne e gestore di un database importante per capire la partecipazione femminile nei vari settori della sfera pubblica e professionale, Eige utilizza indicatori raffinati e complessi per fotografare la situazione. La quarta edizione dell’Indice europeo sull’uguaglianza di genere presenta alcune novità, ad esempio l’introduzione dell’area tematica Work-Life Balance in coincidenza della direttiva europea in materia, ossia rilevazioni su congedo parentale, assistenza anziani e disabili, lavoro di cura, flessibilità, formazione permanente, ecc.
I DATI. Nel totale dell’Unione si raggiunge sulle pari opportunità un indice pari a 67,4 punti, con un aumento di 5 punti negli ultimi 12 anni. “È chiaro che una crescita in termini di parità c’è stata in Europa, ma a passo molto lento”, ha commentato Barbieri. L’Italia è al momento ferma a 63 punti, un incremento di 0.9 rispetto ai due anni precedenti. I paesi del Nord guidano la classifica, la ‘zona retrocessione’ è occupata dagli Stati dell’est Europa. Dal 2005 il nostro paese ha registrato i progressi maggiori, uno scatto in avanti che deriva dalla migliore partecipazione delle donne ai processi decisionali, in riferimento anche al potere economico (merito della legge Golfo-Mosca per l’equa rappresentanza di genere nei CdA delle imprese quotate in borsa) non relativamente agli altri ambiti. L’Italia è infatti fanalino di coda nel dominio del lavoro, dove ha addirittura perso una posizione dal 2005. Le cause sono da ricercare nella limitata partecipazione delle donne al mercato professionale, nella differenza delle ore lavorative e dei guadagni rispetto agli uomini e nel tasso di occupazione. Non va dimenticato il problema della segregazione formativa femminile in alcuni settori come salute e welfare che, meno dinamici, portano a guadagni più bassi e meno carriera. Effetto a cascata che si ripercuote anche sul dominio “soldi”: l’Italia è al 13° posto e ha perso due posizioni in 12 anni. E questo nonostante le donne abbiano superato gli uomini nel sapere e nell’istruzione. Trend positivo per il “dominio” del potere che incassa un aumento di 31 punti negli ultimi 12 anni: Italia a 47,6 a fronte dei 51 europei. Secondo Barbieri “un passo in avanti grazie ad una più ampia presenza femminile in politica.” Nel parlamento europeo siamo intorno ai 42 punti, nel parlamento italiano invece a quasi 36. “Per quanto riguarda le donne nei consigli d’amministrazione delle imprese quotate in Borsa, la situazione è cambiata da quando sono state introdotte le quote rosa obbligatorie”. Per questi motivi, viste le ultime posizioni nel mondo del lavoro, c’è ancora molta strada da fare e “l’impegno dei governi europei è fondamentale”, ha detto Barbieri, che ha infine auspicato che anche a livello regionale si possa sviluppare un indice di uguaglianza di genere. Invito che ho raccolto e rilanciato.
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