L’inchiesta “Angeli e Demoni”, a dispetto dell’estrema delicatezza del tema, è stata oggetto di strumentalizzazioni politiche spietate, iniettate di fake news e di narrazioni distorte. Quelle che sono le gravissime imputazioni, se accertate, richiederanno la massima severità. E massima solidarietà abbiamo espresso dal primo momento a quelle famiglie e minori della Val D’Enza che hanno sofferto e stanno soffrendo. La propaganda è però tutt’altra cosa e non serve né a fare giustizia né ad alleviare sofferenze. Eppure, usata a piene mani, ha colpito senza distinzioni soprattutto i Servizi sociali, l’istituto dell’affido, le stesse famiglie affidatarie, creando danni che difficilmente riusciremo a quantificare (QUI e anche QUI solo alcuni esempi usciti sulla stampa). Ascoltando e intervenendo con domande nelle decine di audizioni già svolte in Commissione, ho potuto acquisire molte informazioni che, assieme alle colleghe e colleghi consiglieri, elaboreremo in una relazione finale di proposta oltre che di analisi. Ciò che mi preme è riportare questa doverosa analisi in un alveo corretto di realtà, fuori da mostri e fantasmi fabbricati ad arte per minare alla base la fiducia nei Servizi pubblici di sostegno e tutela delle famiglie più fragili, dei minori più in difficoltà.
Partiamo allora dai fatti: il caso “Bibbiano” (che stigmatizza ingiustamente una pacifica e laboriosa Comunità reggiana) scoppia sui media il 27 giugno scorso, quando i Carabinieri eseguono 18 misure cautelari per conto della Procura di Reggio Emilia su presunti affidi illeciti nella Val d’Enza. Un aspetto viene sottolineato sin nei primi articoli stampa ed è su questo aspetto che – in base a quanto raccolto dalla Commissione d’Inchiesta – vorrei focalizzare l’attenzione: viene scritto che a far scattare le indagini è stato il numero spropositato di affidi in quella zona. In un’audizione di settembre abbiamo ascoltato i tecnici regionali Gino Passarini, responsabile del Servizio Politiche sociali e socio-educative e Mila Ferri, dirigente Salute mentale e dipendenze patologiche del Servizio assistenza territoriale. Sono stati proprio loro a restituirci con precisione i dati sull’affido, tanto nella Val d’Enza quanto su tutto il territorio regionale. In val d’Enza nel 2017 sono stati 64 i minori a carico dei servizi, di cui 47 in affido e 17 in affido giudiziale a tempo pieno. Questo numero è rimasto praticamente invariato negli anni. Sono tanti? Sono pochi? In Emilia-Romagna, nel 2017, i minori in carico sono stati 2.970, dei quali 1.529 in affido. Di questi in 452 casi si tratta di affido familiare consensuale, in 735 casi di affido familiare giudiziale, mentre negli altri casi si tratta di affido parentale. In Italia, ci hanno spiegato, la propensione all’allontanamento è minore rispetto ad altri paesi europei (come Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna) e l’Emilia-Romagna si attesta nella media rispetto alle altre regioni italiane. Il dottor Passarini ha quindi chiarito che “non è emerso alcun dato che, a livello regionale, possa aver creato in anticipo un allarme sulla Val d’Enza, perché i dati sugli affidamenti ‘reggiani’ non si discostano molto da quelli degli altri territori”. E questo è già un primo punto fermo.
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