(Bologna, 10 aprile) In commissione Parità e Diritti delle Persone abbiamo avviato l’esame dell’articolato del progetto di legge contro le violenze e discriminazioni determinate da orientamento sessuale o identità di genere con la discussione generale sugli emendamenti al testo base. 23 gli emendamenti presentati a mia firma come Relatrice (compreso il nuovo titolo), 2 quelli presentati da alcuni colleghi PD e poi sottoscritti in corso di seduta da Lega, Movimento Sovranista, Fratelli d’Italia, FI. Depositati due emendamenti anche dal 5Stelle, uno sulla possibilità di costituzione di parte civile della Regione in casi di violenza (già previsto nella mia proposta) e l’altro sul sostegno della Regione ai Comuni nelle operazioni di iscrizione all’anagrafe di figli/e di coppie omogenitoriali (su cui avevamo già motivato la non competenza della Regione e dunque l’esposizione a ricorsi statali). I numerosi interventi hanno reso impossibile votare in giornata l’articolato: convocati alle 9.30 abbiamo dovuto terminare i lavori alle 14.30 per la convocazione fissata a quell’ora di un’altra Commissione.
Sul merito però, l’intervento dei colleghi di Sinistra Italiana e in generale la situazione determinata dall’emendamento che va ad inserire nella Legge quadro per la parità 6/2014 la maternità surrogata tra le violazioni della dignità femminile da contrastare, hanno richiesto un surplus di tempo e lavoro sul progetto di legge. Resta fermo l’obiettivo di approvare la legge senza ignorare o stigmatizzare alcuna posizione, trovando la giusta formulazione assieme alle Comunità Lgbt e Arcobaleno. QUI la mia posizione ripresa da Radio Città del Capo. In attesa del resoconto integrale della seduta, anticipo solo qualcuno dei concetti che ho espresso nella mia relazione conclusiva. Primo, l’assoluto bisogno di una legge che combatta le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, che affermi e promuova il diritto alla realizzazione personale, in questo senso alla felicità, di persone che subiscono dileggio, angherie, aggressioni e che noi vogliamo non siano più costrette o indotte a nascondersi.
Puntualizzando che dopo l’illustrazione in Commissione delle modifiche al testo base, nelle settimane intercorse non ne ho ricevute altre di formali e neppure si è voluto costituire un intergruppo per un confronto bipartisan, ho ribadito che ‘omotransnegatività’ resta un termine a me caro anche perché usato dal Protocollo del Comune di Reggio Emilia, nonché il termine più avanzato in materia, perché va oltre la negatività determinata da ‘fobia’ per comprendere tutti gli approcci contro i diritti Lgbt che possono diventare “costrutti negazionisti” delle differenze. Il tema vero è che l’attuale Governo ha alcuni suoi esponenti che in un recente congresso internazionale (ora replicato in forma minimalista qui a Bologna) si scagliano con furore ideologico e negazionista contro le libertà personali, le diversità di orientamento sessuale, le differenze di genere e l’autodeterminazione delle donne. Chi può dunque affermare che non esista un rischio concreto di ricorso di questo Governo contro una legge dell’Emilia-Romagna sull’omotransnegatività? Il testo emendato rafforza la legge nel suo complesso e, come ci chiedono le Città promotrici, rafforza il nucleo antidiscriminatorio delle sue previsioni. Inoltre, l’obiettivo della legge è sostenere le progettualità promosse a tutto campo per i diritti Lgbt, in particolare dalle loro associazioni che con competenza e da tempo lavorano su questi temi, nonché aumentare l’adeguatezza del sistema pubblico a farsi carico delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere con efficacia. Avanti dunque su un lavoro serio che consegni alla cittadinanza uno strumento normativo utile oltre che giusto.
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