(6 febbraio) Sono intervenuta in Sala del Tricolore al convegno “Mutilazioni Genitali Femminili. Una sola parola: FINE”, dopo i saluti istituzionali delle Assessore comunali alle pari opportunità, Natalia Maramotti e alle Relazioni internazionali e Diritti di cittadinanza, Serena Foracchia. In occasione della Giornata internazionale per il contrasto a questa violazione dei diritti umani, di cui sono vittime circa duecento milioni di donne nel mondo, la Città di Reggio Emilia ha voluto passare dalle parole ai fatti promuovendo e sottoscrivendo con Associazioni interculturali e di donne straniere, istituzioni socioeducative e sanitarie, un Protocollo “di promozione di strategie condivise finalizzate alla prevenzione ed al contrasto delle mutilazioni genitali femminili”. Si tratta di un’azione locale esemplare, in linea con le politiche della Regione, che contribuisce all’obiettivo Eguaglianza di genere dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile del Pianeta.

Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili: questo l’impegno che, accanto a quello antidiscriminatorio tout court e per l’integrazione socioculturale, dovrebbe accomunare tutte le competenze. Rilevante in etnie e dunque migrazioni provenienti da Egitto, Nigeria, Etiopia e tanti altri Paesi (non solo africani), la pratica tribale e pseudoreligiosa delle mutiliazioni e dell’infibulazione provoca ancora oggi sofferenze inaudite in milioni di bambine e ragazze, tra le 60mila e 81mila residenti in Italia. Numerosi gli atti internazionali di condanna, mentre sono cresciute ovunque le iniziative e campagne di sensibilizzazione per prevenirle, con una consapevolezza: indispensabile è un approccio dal basso, che prenda in considerazione i diversi aspetti delle culture di origine e il lavoro insieme alle persone che vivono dentro quello specifico ambiente sociale e culturale.