(Bologna, 17 novembre) Correva l’anno 2014 quando l’Assemblea dell’Emilia-Romagna introduceva la medicina di genere approvando l’art. 10 della legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere (L.R. 6/2014) a cui poi sarebbe seguito l’indirizzo nazionale in vigore dal febbraio 2018 e l’inserimento di questo approccio di equità nella programmazione socio-sanitaria 2017-2020 della Regione. L’ho raccontato e motivato al Convegno “LE CEFALEE: IL PUNTO DI VISTA DELLA MEDICINA DI GENERE”, promosso dall’Associazione MEG davanti a tanti professionisti della salute e persone interessate. Ora in Emilia-Romagna la medicina che indaga e adotta l’impatto del determinante di genere sulla salute di tutti/e, è inserita a pieno titolo nei piani delle Aziende Ausl. Ne abbiamo fatta di strada e tanta ancora ne faremo.

Il contesto sociale odierno appare sempre più complesso: da un lato cresce la domanda di salute a fronte di una prevalenza di malattie croniche in aumento, di un invecchiamento della popolazione e delle disuguaglianze economiche, sociali e culturali che manifestano i loro effetti negativi sullo stato di salute delle persone. Dall’altro avanzano a grandi passi le innovazioni tecnologiche e farmacologiche che permettono un miglioramento delle condizioni di vita, la risoluzione o la stabilizzazione di cronicità, ma richiedono considerevoli risorse andando ad erodere il finanziamento del Servizio Sanitario pubblico. La Clinical Governance deve essere adeguata alla sfida, il che significa più prevenzione, appropriatezza di terapie e diagnosi e personalizzazione delle cure. Tenendo conto di tutti questi elementi di contesto, il Convegno

ha approfondito una delle patologie croniche più diffuse, la cefalea o per meglio dire le cefalee, che colpiscono circa il 40% della popolazione mondiale e potrebbero essere curate meglio e in modo più sostenibile se la differenza di genere fosse adottata nell’affrontare diagnosi e cura. Si stima che le donne siano tre volte più inclini a soffrire di cefalea rispetto agli uomini. Le cefalee primarie rappresentano poi il 90% di tutti i mal di testa, mentre le cefalee a grappolo interessano circa lo 0,5% della popolazione e hanno maggiore probabilità di verificarsi negli uomini.