(Gattatico, 13 ottobre) Le donne elette in Assemblea Costituente furono 21 su un totale di 556 deputati: 9 del PCI, 9 della DC, due del Partito Socialista, una dell’Uomo Qualunque. Provenienti da tutta la penisola, 14 erano laureate e molte avevano preso parte alla Resistenza. La Costituente si riunì per la prima volta il 25 giugno 1946 e le donne vi ebbero un ruolo fondamentale. Ma cosa significò quel contributo e cosa significa oggi applicare la Costituzione “al femminile”? Ne abbiamo ragionato in una conferenza promossa dalla presidente dell’Istituto Cervi Albertina Soliani e dal presidente nazionale Auser Enzo Costa. Dopo le relazioni, tra le altre, della storica Daniella Gagliani e della responsabile Osservatorio Pari Opportunità di Auser Vilma Nicolini, sono intervenuta assieme alle Onorevoli Rosy Bindi e Antonella Incerti per parlare dei diritti femminili e della democrazia la quale, o è paritaria, o non è. Ringrazio le moderatrici Paola Varesi e Vera Romiti e riporto di seguito uno stralcio del mio intervento.

LA COSTITUZIONE E’ ANCHE DELLE DONNE. IL RUOLO DELLE DONNE NELLA SCRITTURA E NEI TEMI DELLA COSTITUZIONE, E NELLA PROSPETTIVA DEL DOPO. «Sono riconoscente all’Istituto Cervi per il contributo che rende non solo a presidiare una formazione permanente alla storia, ai valori della Resistenza, alla cittadinanza consapevole, ma anche ad alimentare la riflessione sulla complessità contemporanea, tenendo insieme l’oggi con ieri e verosimilmente con il domani. In una conversazione svoltasi in Sala del Tricolore con il filosofo Mario Ceruti si sottolineava che l’interdipendenza totale a cui siamo sottoposti fa sì che solo attraverso la complessità si generi unità. Senza la costante tensione tra unità e molteplicità, identità e diversità, non ci sarebbe democrazia. Recita il titolo di questo Convegno “La Costituzione è anche delle donne”… ebbene aggiungo che il mondo è anche delle donne. Eppure non è sembrato così finora. Il global gender gap report,

introdotto dal World Economic Forum nel 2006, misura il divario di genere basandosi su criteri economici, politici, di educazione e salute per la valutazione della condizione femminile nel mondo. L’Italia è oggi oltre l’80mo posto su oltre 130 paesi. L’uguaglianza di genere per molti paesi del mondo è ancora un miraggio, ma l’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile del pianeta pone tra i 17 obiettivi, come 5°obiettivo fortemente integrato a tutti gli altri, l’uguaglianza di genere, ovvero lo sradicamento di ogni forma di violenza contro le donne nella sfera privata e pubblica e il sostegno all’emancipazione femminile in tutti gli ambiti della società. Applicare la Costituzione del 1948 significa, né più né meno, realizzare una democrazia egualitaria e paritaria. Significa costruire uno spazio pubblico, sociale e istituzionale in cui tra uomini e donne vi sia una relazione non più gerarchica, ma appunto alla pari. La democrazia al maschile non è altro che una democrazia incompiuta. La nostra Costituzione, in un quadro europeo dei Trattati costitutivi fortemente a sostegno della parità di genere, ci consegna il principio di uguaglianza, della non discriminazione, come centrale, a partire dall’art.3 e poi l’art.37 sulla parità salariale, l’art. 29, l’art. 51 sulle pari opportunità. L’art. 117 Cost. recita “le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità tra uomini e donne nella vita sociale culturale ed economica e promuovono la parità di accesso nelle cariche elettive”. Come coordinatrice nazionale delle commissioni regionali di pari opportunità mi sto impegnando fortemente alla introduzione della doppia preferenza di genere in tutte le normative in materia di elezioni regionali. Troppe sono ancora le Regioni che mancano all’appello. L’Emilia-Romagna ha introdotto questa misura nel 2014 attuando la Legge quadro 6 e ha di conseguenza raddoppiato le donne presenti in Assemblea legislativa. La democrazia paritaria è forse solo una questione di quantità? Ovviamente no. La massa critica di un pensiero differente nei luoghi della decisione può condizionare obiettivi e prospettive. L’approccio di equità deve permeare in modo integrato tutti gli ambiti della società per ridurre le tante discriminazioni che frenano il nostro sviluppo e minano la nostra convivenza.»