(Reggio Emilia, 7 gennaio) Nella Città che gli ha dato i natali abbiamo celebrato il 221° anniversario del primo Tricolore, una ricorrenza necessaria per «capire che si ha una storia importante e obiettivi comuni», dove solo unità e solidarietà in chiave europeista sono i valori che ci proiettano in un futuro di pace, come ha sottolineato Romano Prodi. Al Teatro Ariosto, dopo la cerimonia dell’alzabandiera e la parata in piazza Prampolini, diversi autorevoli interventi si sono succeduti per aggiornare e riaffermare il valore autentico del Tricolore nazionale. Il presidente del Consiglio uscente Paolo Gentiloni ha ricondotto la Bandiera alla nostra Costituzione repubblicana di cui ricorre il 70° quest’anno – «a nessuno può essere consentito di usarla come vessillo di odio» – e ha dichiarato tra l’altro che «non è la stagione delle cicale quella che abbiamo davanti, non può esserci una chiusura impaurita nel piccolo mondo antico delle paure quotidiane: è il tempo di non disperdere i risultati ottenuti». Sottoscrivo.

Di fronte alla platea composta in buona parte di Sindaci, rappresentanti di sindacati, associazioni e imprese, sono intervenuti tra gli altri il ministro Graziano Delrio a ribadire l’attualità dei principi antifascisti, del dialogo fondato su un’identità democratica che emargina gli estremismi violenti, e il Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, che ha ricordato sia il ruolo del nostro territorio nella Resistenza e nella Costituzione, con madri e padri costituenti come Nilde Iotti e Meuccio Ruini, sia l’iniquità di negare il diritto di cittadinanza ai nati in Italia. Un forte richiamo all’Europa, ai ponti da costruire e all’educazione dei più giovani -«generazione di studenti tra le poche che nella storia hanno avuto la fortuna di non conoscere la tragedia della guerra»- è arrivato dal presidente della Regione Stefano Bonaccini. Infine, la lectio magistralis del professor Alberto Melloni, insignito del Primo Tricolore, ci ha fatto riflettere sul significato dell’Europa: «prodotto storico di una cultura di pace» attraversato oggi da una crisi che da economica e sociale, è diventata culturale e politica, alimentando a sua volta inconsapevolezza diffusa.