(Trento, 4 dicembre) “Banca dei saperi: innovare i processi di selezione per un riequilibrio di genere nei luoghi decisionali” è il convegno promosso dalla commissione pari opportunità guidata da Simonetta Fedrizzi, in collaborazione con l’assessorato PO della Provincia Autonoma a cui ho partecipato in qualità di coordinatrice nazionale degli Organismi per la parità, presenti anche le Colleghe di Regione Basilicata e Toscana, Angela Blasi e Rosanna Pugnalini. L’obiettivo è ambizioso e necessario, perché i dati fotografano una situazione sbilanciata in termini di equa partecipazione di donne e uomini alle decisioni soprattutto in ambito economico. Nonostante e a parità di ottimi risultati formativi, le donne restano indietro. Gli stessi numeri del territorio trentino sono emblematici: 21.970 (contro 64.430 uomini) sono le donne ad avere una carica aziendale di rilievo, si ferma al 25,4% (sotto la media italiana) la componente femminile tra le posizioni di potere imprenditoriale. Tali cifre si abbassano ovunque man mano che aumenta il potere connesso all’incarico (segregazione verticale). Alle regole introdotte qualche anno fa dalla legge Golfo-Mosca, che ha infatti portato le competenze femminili nei CdA dal 6,9 al 31,6%, va affiancato un cambiamento culturale affinché il dato cresca e diventi una conquista duratura.

Tutti gli studi, compresi quelli commissionati dalla Commissione PO all’Università di Trento, mostrano una resa migliore dei board ben bilanciati dal punto di vista della composizione di genere. Avvalersi pienamente delle competenze femminili è dunque questione di giustizia e democrazia, di equa valorizzazione del curriculum personale, ma soprattutto è occasione utile a non sprecare talenti, a innovare per crescere… Da qui la Banca dei saperi, strumento in cui i profili, competenze e professionalità femminili rispondenti alle esigenze di ogni settore si registrano, e da cui Enti pubblici e soggetti privati attingono per incarichi e nomine il cui primo requisito deve essere il merito. La ricerca-pilota presentata offre dunque motivi solidi e proposte operative per introdurre un’innovazione intelligente che può contribuire al sistema economico-produttivo italiano nel suo complesso, che sta crescendo meno di altri Paesi europei (non a caso l’indice gender gap del World Economic Forum vede oggi l’Italia all’82°posto su 144 Paesi, agli ultimi posti in Europa proprio per partecipazione economica delle donne).