(Bologna, 28 settembre 2016) All’esame dell’Assemblea Legislativa – che ne ha respinto la discussione a larga maggioranza – un progetto di legge di “Riforma e riqualificazione dei Consultori familiari”, firmato dal capogruppo di Forza Italia Galeazzo Bignami, che fra l’altro poneva gravi ostacoli per la donna nell’applicazione della legge 194 sulle interruzioni di gravidanza. Una proposta irricevibile, come ho motivato in Aula, sottolineando invece il lavoro che stiamo svolgendo in Commissione Parità e Diritti sui temi dell’equità nei servizi alla salute, per il benessere e l’autoderminazione femminile e per impegnare la Regione ad adeguare i servizi consultoriali alle attuali esigenze delle cittadine e dei cittadini. Secondo noi la Regione non ha bisogno di una nuova legge, ma di attuare alla luce dei cambiamenti sociali le norme già vigenti; in questo senso, il primo e più importante banco di prova è il prossimo Piano sociale e sanitario regionale, ancora in costruzione in un percorso partecipato. Di fronte ad una Risoluzione del Movimento 5Stelle sulla stessa materia, presentato in Aula per la discussione immediata, ho proposto e ottenuto di farne oggetto di approfondimento in Commissione, proprio al fine di impegnare la Giunta sul rafforzamento dei servizi di prevenzione e salute.
La direzione per noi è chiara, coerente con i principi costituzionali e con il dettato della legge quadro 6/2014 per la parità e contro le discriminazioni di genere, ove indica che “la Regione consolida e sviluppa i consultori familiari, nell’ambito del sistema di cure primarie integrato e della pianificazione delle case della salute, quale servizio di assistenza alle famiglie, alla maternità e paternità responsabili, alla educazione sessuale e alla contraccezione per i giovani, nonché di tutela del benessere delle donne e delle ragazze in un’ottica orientata alla salute e alla medicina di genere”. La proposta di Forza Italia, nello stravolgere la natura dei Consultori familiari, aveva al contrario l’obiettivo di negare la soggettività femminile e maschile in particolare nelle scelte genitoriali e di coppia, di negare l’autodeterminazione della donna, di ridurre i Consultori a luoghi di consulenza paternalistica svuotandoli della fondamentale funzione sanitaria e di prevenzione in materia di salute e sessualità.
Secondo Bignami il Consultorio dovrebbe limitarsi a “sostenere e promuovere la famiglia ed i valori etici di cui essa è portatrice”, nonché la “tutela della vita e del figlio concepito, già considerato membro della famiglia”. Una ridefinizione oltre che illegittima formalmente, inaccettabile nella sostanza. Non esiste uno “Stato Etico” giudice assoluto che ingerisce nei diritti della persona sanciti dalla Costituzione e dalle leggi democraticamente approvate. La concezione univoca di famiglia qui affermata contrasta inoltre con il diritto e con la realtà, dimentica l’evoluzione della normativa italiana sulle unioni civili e il fatto che la nostra Regione ha parificato l’accesso ai servizi sociosanitari, per le famiglie e le altre forme di convivenza anagrafica.
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