GAZZETTA DI REGGIO, 8 MARZO 2016 – di ROBERTA MORI

mimosa_mazzolino220“In Italia una donna ogni tre giorni viene uccisa dalla violenza maschile. La violenza che colpisce le donne non è solo fisica, è anche psicologica, economica, alimentata da profonde radici culturali che radicalizzano stereotipi di genere volti a marginalizzare la soggettività femminile, a minare la libertà della convivenza democratica ispirata al principio di uguaglianza al rispetto reciproco, all’autodeterminazione. Nelle tante iniziative in cui gli sguardi profondi dei ragazzi e delle ragazze del nostro tempo sono desiderosi di capire come eliminare questa piaga, concludiamo che non esiste una ricetta magica, ma esistono anticorpi culturali che trovano un comune denominatore nella consapevolezza di ciascuno e nei principi ispiratori della Costituzione, frutto dello straordinario impegno anche delle nostre madri costituenti. Ogni giorno tante donne e tanti uomini fuori dal clamore mediatico dedicano tempo, impegno e passione a tradurre nella quotidianità del lavoro e delle relazioni il “no” alla violenza e il “sì” alla cultura del rispetto. Ed è un impegno che sta crescendo nella sua dimensione collettiva ma che dovrà crescere ancora.

Il cammino, infatti, è tutto in salita e molto c’è ancora da fare prima di raggiungere l’obiettivo di una società più civile, dove le donne non abbiano necessità di rivolgersi ai centri antiviolenza perché impaurite, picchiate, minacciate, spesso da un marito o un compagno che non accetta le loro scelte. In Emilia-Romagna sono sempre oltre 3.000 ogni anno a chiedere aiuto per violenza domestica, e troppe ancora a subire o non denunciare, anche sul luogo di lavoro, i propri molestatori. Questo perché molte donne non trovano opportunità concrete di autonomia, a causa di un accesso al lavoro stretto e difficile, a disparità inaccettabili di trattamento economico; perché manca spesso la fiducia di affidarsi ad un sistema giudiziario inadeguato a gestire situazioni endofamiliari gravi e complesse; perché, nonostante i progressi fatti sulla promozione della cultura di genere, manca un investimento strutturale deciso e convinto sulle politiche di parità a livello nazionale che faccia scattare il cambiamento tanto agognato.

La Regione Emilia-Romagna ha fatto e continuerà a fare la propria parte per la promozione di una cultura antidiscriminatoria e paritaria investendo in azioni strutturali che contribuiscano a sostenere l’attività dei centri antiviolenza e di tante associazioni impegnate sul tema. L’attuazione della legge quadro regionale per la parità del 2014, prima in Italia ad attuare la Convenzione di Istanbul, e il nuovo piano regionale contro la violenza sulle donne costituiranno potenti strumenti di lavoro per investire sul contrasto alla violenza, ma soprattutto sulla prevenzione. Si, perché sta nella sensibilizzazione e formazione delle giovani generazioni la leva di svolta per superare i pregiudizi, le paure, gli stereotipi che creano discriminazioni e violenza. Oggi il nostro vocabolario si è arricchito di un neologismo. Femminicidio entra nell’appendice della Treccani e assume la forza di un concetto preciso che restituisce dignità e senso a un delitto che viola i diritti umani. Oggi, dunque, il linguaggio formale ha riconosciuto il giusto valore ad un vocabolo ignorato dai puristi della lingua. Ebbene, la realtà è più forte di qualsiasi narrazione e ieri come oggi decidiamo che la storia delle donne merita dignità e rispetto da perseguire in stretta alleanza con gli uomini che lottano per un mondo migliore. Buon 8 marzo a tutte e a tutti!