(Bologna, 19 dicembre 2015) Quanti sono gli emiliano-romagnoli recentemente emigrati? Chi sono? Torneranno? Perché sono partiti? Che politiche attuano le istituzioni per incentivare il rientro dei talenti e il coinvolgimento dei cittadini espatriati? Con l’associazione Italents, la rete Exbo e il Comune di Bologna, le nostre riflessioni svolte presso lo Urban Center di Sala Borsa hanno cercato risposte e soprattutto qualche soluzione. Coloro che risiedono all’estero per lavoro, studio, alla ricerca di nuove opportunità, nel dibattito pubblico e politico italiano sono spesso stigmatizzati con stereotipi che non rappresentano la realtà dei fatti. Centinaia di migliaia di italiani negli ultimi tre anni hanno fatto questa scelta (Regno Unito e Germania le mete prevalenti) e di loro circa il 36% ha tra i 18 e i 34 anni. “Non solo e non sempre cervelli in fuga” dice la referente della rete Exbo Maria Chiara Prodi. Dipende molto da noi.
Comprendere appieno il fenomeno dell’emigrazione “giovanile” contemporanea presuppone un’analisi profonda delle caratteristiche e delle storie individuali, ad oggi molto difficile in quanto il registro AIRE è disertato da più del 40% dei residenti all’estero. La mobilità è un diritto, decidere di essere protagonisti in altre città del mondo, contaminare e contaminarsi è addirittura un valore, ma solo se è una scelta, non se invece è un obbligo per mancanza di opportunità nel proprio Paese. Importante poi è sviluppare la capacità di attrarre nuovamente coloro che hanno acquisito nuove competenze all’estero per dare nuovo impulso al processo di innovazione su base globale. Io ho portato l’esperienza della Consulta degli emiliano-romagnoli insieme al presidente e collega Gianluigi Molinari, braccio operativo di progettualità che possono sviluppare ponti di riconnessione funzionale, e legami autentici, con i nostri corregionali all’estero.
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