donne CISL- 26 Novembre 2015-page-001(Reggio Emilia, 26 novembre 2015) Nei primi sei mesi dell’anno risultano aver subito violenza 220 donne a Reggio Emilia. Nello stesso periodo, in Italia, ne sono state uccise 100. La radice di questi abusi brutali sta nelle discriminazioni, quelle che nel mondo del lavoro, tra le mura domestiche e in altri contesti sociali ancora penalizzano fortemente le donne. A partire dai dati abbiamo affrontato questi temi nell’incontro pubblico “Perché, ma perché? Chiamarlo amore non si può” promosso dal Coordinamento Donne della CISL Emilia Centrale con la partecipazione della presidente della commissione comunale alla Partecipazione Roberta Pavarini, della responsabile Servizio Sociale Integrato per l’Unione dei Comuni Val d’Enza Federica Aghinolfi e della fondatrice del Gruppo di lavoro e Osservatorio sessismo e stalking, Stefania Pastori.

Reggio_CISL_26nov15La segretaria Cisl Margherita Salvioli ha sottolineato che «la discriminazione maggiore è nel mondo del lavoro, perché non solo a parità di mansione una donna viene pagata meno di un uomo, ma anche le professioni tipicamente femminili sono sottopagate.» Se non si agisce contro le discriminazioni in modo trasversale non si estirpa il germe degli abusi violenti. Noi crediamo che sulle politiche di genere si debba agire in modo strutturale, in quanto passaggio obbligato che serve allo sviluppo dell’intero Paese. E se è vero che le leggi non risolvono tutto, è pur vero che una legge rappresenta il livello culturale e civile che si è raggiunto in un dato contesto e periodo storico. Ecco perché attueremo la legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere 6/2014 e ne proponiamo l’impostazione a livello nazionale. Oltre ad un più equo sistema della rappresentanza, al rafforzamento delle reti di sostegno antiviolenza, alla necessità di rendere autonome e valorizzare il contributo professionale delle donne, al contrasto all’immagine stereotipata e all’importanza dell’educazione, la normativa affronta il tema della salute e della medicina di genere. È infatti inammissibile che nel 2015 le cure mediche e la ricerca farmaceutica si basino sullo standard dell’uomo bianco, 35 anni, 180 centimetri per 80 chili. Purtroppo per alcune patologie, neurologiche, ossee o cardiovascolari, gli sforzi medico-farmaceutici che non assumono le differenze tra i generi perdono efficacia dal 30 al 50%. Anche questa realtà è esempio delle discriminazioni da sconfiggere grazie all’alleanza tra donne e uomini, tra istituzioni e società.