(Bologna, 9 giugno 2014) Grande partecipazione all’udienza conoscitiva convocata dalla Commissione Parità per raccogliere commenti, osservazioni e proposte di modifica al progetto di legge quadro. Una novantina le rappresentanti – di enti locali, associazioni, categorie – intervenute in Sala Polivalente, a testimonianza di un percorso davvero aperto ai contributi che porterà entro luglio al miglioramento e all’approvazione finale del testo, che si compone di 45 articoli. Ringrazio tutte e tutti coloro che partecipano all’obiettivo che ci sta a cuore: una normativa trasversale che renda le politiche di genere strutturali e orientate allo sviluppo paritario della società emiliano-romagnola. Per inviare le osservazioni (entro lunedì 16 giugno) e scaricare il testo, compresi quelli abbinati, ecco la pagina web con ogni informazione: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa/attivita-dalle-commissioni/commissione-vii.
Di seguito la sintesi dettagliata del progetto di legge regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere.Una legge elettorale regionale che realizzi “una compiuta democrazia paritaria fin dalle prossime elezioni regionali”, una “apposita sezione di genere nell’albo regionale delle nomine”, l’introduzione di “criteri di valutazione nella predisposizione di bandi e selezioni per promuovere i principi egualitari e antidiscriminatori”. E poi, “un percorso di accoglienza dedicato a chi subisce violenza per l’accesso a tutti i Pronto soccorso del territorio regionale”, la possibilità per gli enti locali di “individuare immobili da concedere in comodato d’uso ai centri antiviolenza” o anche di “individuare una soluzione abitativa temporanea e attribuirla direttamente alla donna”, un “Piano regionale contro la violenza di genere” di durata triennale e da approvare entro 90 giorni, e la costituzione dei “Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”. Ancora: un giro di vite sulle cosiddette “dimissioni in bianco” e il conferimento dell’etichetta GED, cioè “Gender Equality and Diversity label”, per le “realtà che si siano distinte per comportamenti virtuosi e non discriminatori, oltre gli obblighi di legge”.
Sono solo alcune delle novità che saranno introdotte in Emilia-Romagna con l’approvazione in Assemblea legislativa della “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”, il cui progetto di legge è stato sottoscritto da tutti i membri della commissione regionale per la Promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, a partire dalla presidente Roberta Mori. L’iter di approvazione è già in corso e il via libera definitivo dell’Assemblea è previsto entro la prima decade di luglio.
Sono dieci gli ambiti di intervento individuati all’interno del testo di legge. Il primo è il sistema di rappresentanza, con le annunciate modifiche alla legge elettorale regionale e all’albo delle nomine per le “società partecipate in cui, anche unitamente ad enti da essa dipendenti o ad Aziende sanitarie, la Regione Emilia-Romagna detiene la totalità o la maggioranza assoluta del capitale” e il relativo monitoraggio. Per garantire la parità di genere verranno inoltre valorizzati, “nella predisposizione di bandi, forme di collaborazioni, selezioni” tutte quelle realtà che al loro interno promuovo buone pratiche “come l’equilibrio della rappresentanza nella governance, la previsione della responsabilità sociale d’impresa in materia antidiscriminatoria, l’adozione di soluzioni conciliative dei tempi di vita e di lavoro”.
Nel capitolo dedicato a cittadinanza di genere e rispetto delle differenze sono racchiuse le iniziative dedicate a “perseguire gli obiettivi di educazione e formazione alla cittadinanza di genere e alla cultura di non discriminazione”. Il percorso prevedere di “favorire in tutte le scuole di ogni ordine e grado un approccio multidisciplinare e interdisciplinare al rispetto delle differenze, al superamento degli stereotipi, allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell’identità di genere”: tra le proposte, “l’istituzione di borse di studio per tesi di laurea in differenze di genere e tematiche funzionali al tema” e “l’intitolazione di spazi pubblici a donne meritevoli ed esemplari che possano costituire modelli positivi per le nuove generazioni”. Un approfondimento particolare è dedicato al linguaggio di genere e lessico delle differenze: l’impegno è quello di “assumere un linguaggio non discriminante, rispettoso dell’identità di genere, identificando sia il soggetto femminile che il maschile in atti amministrativi e corrispondenza, denominazioni di incarichi, funzioni politiche ed amministrative”.
Per quanto riguarda salute e benessere femminile, si vuole garantire “parità di trattamento e di accesso alle cure con particolare riguardo alle differenze di genere e relative specificità”, attraverso la “valorizzazione dell’approccio di genere nella cura” e la “promozione di campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione sulla salute di genere”. Una parte importante di questa sezione dell’articolato riguarda la rete dei servizi e presidi territoriali, con un ulteriore approfondimento sui consultori familiari, che la Regione si impegna a “garantire, consolidare e sviluppare”. Sarà poi promosso un “percorso di accoglienza integrato e multidisciplinare, il cosiddetto ‘codice di prevenzione’ dedicato a chi subisce violenza, per l’accesso a tutti i Pronto soccorso del territorio regionale, garantendo riservatezza e protezione alle vittime in particolare di violenza domestica”. Infine, la Regione, in collaborazione col Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom), favorisce “una più incisiva copertura mediatica dello sport femminile praticato a tutti i livelli”.
L’azione più estesa è sicuramente quella prevista per la prevenzione alla violenza di genere. Due i cardini previsti: i Centri antiviolenza e le Case rifugio.
La presenza dei Centri antiviolenza sarà distribuita “in maniera uniforme sul territorio regionale”, e viene promosso un “coordinamento regionale dei Centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore”. Si è scelto poi di potenziare il patrimonio immobiliare destinato alla prevenzione della violenza di genere: “la Regione e gli enti locali possono individuare immobili da concedere in comodato d’uso ai Centri antiviolenza”, recita il progetto di legge, e “il Comune, a seguito di provvedimento giudiziario, di pubblica sicurezza o amministrativo, può individuare una soluzione abitativa temporanea ed attribuirla direttamente alla donna”. In programma poi, oltre al Piano regionale contro la violenza di genere, di durata triennale, anche il varo dell’Osservatorio regionale di monitoraggio permanente sulla violenza di genere, che risponde alla volontà della norma di “favorire il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non impegnati sul tema”. In particolare, si specifica nel testo di legge, massima attenzione sarà dedicata, sia sul contrasto che sulla prevenzione, ai reati di “tratta e riduzione in schiavitù”, ai “matrimoni forzati” e al fenomeno delle “mutilazioni genitali femminili”. Inoltre, in accordo con le Asl, saranno avviati percorsi sia “per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali” sia per “uomini maltrattanti, perché attivino nuove modalità relazionali che escludono l’uso della violenza nelle relazioni d’intimità”. Per finanziare questi interventi, la legge prevede anche la possibilità per la Regione Emilia-Romagna “di costituirsi parte civile, devolvendo l’eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione contro violenza sulle donne, nei casi di violenza di genere di particolare impatto e rilevanza sociale nella vita della comunità regionale”.
A lavoro e occupazione femminile è dedicato un apposito titolo, con l’obiettivo di “promuovere l’autonomia economica delle donne che hanno subito violenza e contrastare il fenomeno delle donne con fragilità sociale, economica ed occupazionale”. Con compiti di monitoraggio della parità di genere sono costituiti su tutto il territorio regionale, i Cug, cioè Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, mentre la strategia perseguita è quella delle premialità: si va dalla scelta di “assumere il principio paritario come base per la costruzione e disciplina dei rapporti istituzionali e amministrativi, formulazione di bandi, selezione degli interlocutori” alla creazione dell’etichetta Ged, Gender equality and diversity, che “valuta le migliori pratiche di genere segnalate da enti locali, associazioni, organizzazioni e parti sociali, attribuendo uno specifico riconoscimento ad aziende esemplari sia pubbliche che private” e “sarà attribuito annualmente, sulla base dei criteri individuati dalla Giunta regionale”. L’imprenditoria femminile sarà fortemente incentivata, con “la costituzione di fondi regionali di garanzia, controgaranzia e cogaranzia”, “la concessione di contributi per l’abbattimento dei tassi di interesse praticati dal sistema finanziario e del credito”, “il sostegno all’accesso al sistema dei Consorzi fidi regionale” e, infine, “la stipula di convenzioni con il sistema finanziario e del credito, nonché ordinistico, anche per percorsi specifici di formazione”. Tra le pratiche indicate come più discriminanti, gli sforzi maggiori si concentreranno contro il fenomeno delle “dimissioni in bianco che colpisce soprattutto le donne e la loro legittima aspirazione di maternità”.
Grande attenzione sarà dedicata alla conciliazione e condivisione delle responsabilità sociali e di cura, con l’obiettivo di “determinare un processo di riequilibrio nei ruoli assunti da donne e uomini nell’organizzazione della società, del lavoro, della sfera privata e familiare”. Tra le prassi da promuovere, “la analisi delle organizzazioni pubbliche e dei sistemi organizzativi integrati per rafforzare i servizi a supporto dei bisogni conciliativi espressi da persone e famiglie”, “la condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne all’interno delle famiglie e dei luoghi di lavoro” e “l’implementazione del sistema di conciliazione e di accesso ai servizi educativi, ai servizi integrativi e ai servizi sperimentali per l’infanzia e l’adolescenza, ai servizi di assistenza e di cura per anziani e malati a domicilio, anche mediante l’erogazione di assegni di servizio alle famiglie residenti nel territorio regionale rispondenti a criteri di difficoltà oggettivi”.
Con lo scopo di incentivare “un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione fin dai primi anni di vita” e “superare i messaggi discriminatori o degradanti basati sul genere e gli stereotipi di genere”, viene rafforzata la rappresentazione femminile nella comunicazione, attraverso “azioni dirette a contrastare la discriminazione dell’immagine femminile nella pubblicità e nei mezzi di informazione e comunicazione, nonché a favorire la rappresentazione autentica dei generi e realistica della donna”: in arrivo anche “un riconoscimento annuale, non in denaro, alla pubblicità che meglio abbia saputo rappresentare la figura femminile”.
L’ultimo titolo del progetto di legge definisce poi gli strumenti del sistema paritario: il primo è il bilancio di genere, cioè la “rendicontazione sociale dell’integrazione di una prospettiva di genere nella programmazione economica delle politiche pubbliche”, che viene “redatto annualmente dalla Giunta regionale” e “comporta l’adozione di una valutazione dell’impatto sul genere delle politiche di bilancio”. L’ente sarà poi chiamato a “adeguare la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici di interesse regionale in termini di genere”. Vengono poi istituiti, senza oneri per la Regione, il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere, per “coordinare le azioni territoriali”, e la Area di integrazione del punto di vista di genere e valutazione del suo impatto sulle politiche regionali, a cui spettano i compiti di “fornire un quadro unitario della dimensione di genere all’interno delle politiche dell’amministrazione” e di “predisporre un Piano Integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere”.
Maggiore spazio anche al Centro e la rete regionale contro le discriminazioni, che svolge “azioni di prevenzione, rimozione e monitoraggio delle discriminazioni” e “realizza la propria azione raccordandosi con gli istituti di garanzia e in particolare con il Difensore civico e con le Consigliere di parità regionali, con particolare attenzione alla definizione di prassi operative per la gestione dei casi, all’organizzazione di momenti specifici di scambio e di formazione congiunta”. Ultima novità istituzionale è la costituzione della Conferenza delle elette, che si riunirà almeno una volta all’anno coinvolgendo tutte le donne con una carica elettiva in Emilia-Romagna: il fine è “il coordinamento e la partecipazione attiva delle stesse alla vita politica ed istituzionale regionale nell’ottica di genere, confronto e scambio di azioni positive nell’esperienza locale, come premessa per l’assunzione consapevole dell’obiettivo dell’equità e dell’uguaglianza di genere”.
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