(Reggio Emilia, 4-5 aprile 2014) Grande partecipazione ed interesse per la due giorni al Teatro della Cavallerizza dal titolo “Lotta alla corruzione: tra esigenze di tutela della collettività e rispetto dei diritti costituzionali”, promossa dall’Ordine degli Avvocati e dalla Camera Penale di Reggio Emilia, in collaborazione con la Scuola Superiore dell’Avvocatura e la Camera Civile. Ho trovato significative, in particolare, la declinazione del tema in chiave culturale e di prevenzione e non soltanto di repressione penale, così come la discussione franca e onesta su cosa sono stati gli anni di Mani pulite al di là del mito. Pier Camillo Davigo ha sottolineato come la corruzione in Italia sia un reato seriale, diffusiva e sconosciuta alle statistiche in quanto per le caratteristiche sue proprie tutti i soggetti coinvolti hanno interesse al silenzio. Di solito la corruzione si scopre di più dove ce n’è di meno, perché dove si radica diventa pervasiva ed il sistema impenetrabile. Per contrastarla in modo efficace non basta la legge Severino, occorre inserire una forte premialità per chi denuncia e fornire copertura agli agenti infiltrati mediante tutele oggi non disciplinate.
Dal confronto con l’avv. Titta Madia è emersa la vivace dialettica tra magistratura e avvocatura in merito al giusto processo, alle garanzie che servono in uno stato di diritto che non ha bisogno di “eroi” ma di legalità. Tra gli altri relatori il presidente del Tribunale di Reggio Emilia Francesco M. Caruso e Umberto Ambrosoli, che ha parlato del morso della corruzione su una società prigioniera di una visione distorta del potere, dove pochi si prendono la responsabilità di agire e molti attendono sempre che sia qualcun altro a farlo. Il docente di economia Luciano Hinna ha evidenziato anche con i numeri (“basterebbe combatterla davvero per avere + 18% di investimenti esteri”) che la corruzione non conviene perché frena lo sviluppo. Essa si fonda su monopoli e opacità della burocrazia, che vanno riformati, ma resta la società civile e la cultura diffusa il presupposto del successo – o della sconfitta – di qualunque strategia volta alla legalità. Il rassegnarsi al “così fan tutti” giustifica e assolve il sistema, reagire e cambiare rotta è la vera sfida.
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