da sinistra Stefania Giacomini, Alessandro Bianchini, Giampaolo Lucarini e Leonardo Animali dell’ANPI di Ancona

(Ancona, 25 Aprile 2013) Grazie ancora di cuore all’ANPI anconetano per l’invito ad intervenire in suo nome, in piazza Roma, nell’ambito delle orazioni ufficiali per la celebrazione della Festa della Liberazione. Ecco l’intervento che ho avuto l’onore di pronunciare, in una bellissima mattina di sole e… di speranza.

«Un saluto riconoscente in questo momento solenne alla Città di Ancona, alle Autorità presenti, ai rappresentanti delle Associazioni Partigiane ed ex combattenti ed a tutti i cittadini e le cittadine intervenute. Un grazie sincero all’ANPI anconetano per l’invito che mi ha rivolto a celebrare questo ennesimo e glorioso anniversario della Liberazione. E’ per me un onore portarvi i saluti dalla Regione Emilia-Romagna e prendere la parola qui, dove mi sento a casa. Sì, perché ovunque si festeggi il 25 aprile, si è parte di una casa dalle fondamenta solide costruita su valori condivisi che ci uniscono e ci rassicurano in tempi così difficili, in nome della democrazia e dell’antifascismo, della pace e della Costituzione repubblicana conquistati con il sacrificio di tanti, troppi, che ci osservano e soffrono insieme a noi.

La Festa della Liberazione, il XXV Aprile, non è la retorica autoconsolatoria di irriducibili nostalgici, è il potere della memoria che irrompe nel presente per illuminarci e sostenerci nelle nostre scelte, per non commettere gli errori del passato, per non arrendersi a ciò che può sembrare inevitabile. Lottare per i propri ideali e per un mondo migliore è un messaggio di straordinaria attualità per le nuove generazioni, di grande modernità per tutti i popoli. E se qualcuno vi domandasse perché la Resistenza? per chi la Resistenza? Voi rispondete con le parole di Arrigo Boldrini, il coraggioso comandante Bulow: “perché? perché i 100mila caduti possano essere di esempio e monito per fare comprendere il valore della libertà, il rischio di perderla, il sacrificio che occorre per riconquistarla … per chi? donne e uomini, partigiani e alleati hanno combattuto contro la dittatura nazifascista per tutti, per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro.”

Quella che stiamo attraversando è una stagione buia, dove la crisi economica e sociale mina le nostre certezze, mentre l’inadeguatezza delle soluzioni politiche rende il futuro incerto ed il presente faticoso, ma il testimone del coraggio di coloro che seppero vedere lontano è nelle nostre mani e non possiamo sottrarci. Non possiamo uccidere la speranza. Ciò non deve accadere e non accadrà. Non accadrà perché la Resistenza e la Liberazione ci hanno lasciato un’eredità molto più solida delle nostre paure di oggi, più forte persino della disperazione di tanti – troppi – nostri concittadini che subiscono gli effetti peggiori della recessione. Questa eredità e patrimonio comune si chiama Pace. E si chiama Democrazia.

Di fronte ai drammi del passato dove la guerra aveva azzerato la normalità, spezzato innumerevoli vite, distrutto intere famiglie, le donne e gli uomini seppero resistere e reagire per affermare la loro dignità, per riprendersi il loro futuro. A presidio e garanzia di tutto questo i padri e le madri costituenti hanno posto la Costituzione, le regole e le istituzioni democratiche. Diffidate di chi le insulta, di chi le attacca, di chi le irride … perché non ha storia, non ha memoria, non ha rispetto della libertà che gli è stata assicurata.

“Esemplare fu la Resistenza tra il pesarese e l’anconetano. Esemplare per la solidarietà tra partigiani combattenti e famiglie contadine, per lo stoicismo di queste nel subire feroci rappresaglie nelle case e nelle persone.” Questo afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlando della Resistenza nelle Marche. Grazie Presidente Napolitano per essere sempre stato all’altezza di questo esempio.

Oggi siamo qui a riconoscere il sacrificio, la storia e a riconoscere il coraggio di chi non ha ceduto all’apatia, all’indifferenza, al disimpegno, alla disperazione. Per quel sacrificio, per quel coraggio e per noi stessi, esercitiamo i nostri diritti! Sono troppo preziosi per dimenticarli. Partecipiamo alla vita pubblica, è troppo importante per rinunciarvi.

Bisogna farlo per chi c’era prima e per chi ci sarà dopo di noi, bisogna farlo per restituire alla Politica la sua funzione alta, al servizio dell’interesse pubblico, del bene comune, della crescita umana e sociale dei popoli. La solidarietà e la forza con cui si riuscirà ad affrontare il presente, sarà la forza con cui riusciremo a cambiare il futuro in un mondo ancora segnato da conflitti drammatici che si consumano in una generale indifferenza, senza rendersi conto di quanto i destini dei popoli siano profondamente legati.

La pace non è acquisita per sempre. La libertà non è conquistata una volta per tutte. Nulla deve essere dato per scontato.

La Costituzione ci parla di libertà, di uguaglianza, ma ci parla anche di lavoro che è un diritto e deve essere messo al centro dell’impegno politico e istituzionale, perché vivere con dignità e del proprio lavoro è un fondamento della convivenza civile ed è un presupposto di quella libertà e di quella uguaglianza per cui tanto sangue è stato versato.

Un nuovo slancio al progresso della società e al futuro del Paese passa attraverso un nuovo protagonismo femminile, di recente rivalutato anche nella rilettura storica e sociologica del ruolo della donna in quegli anni di guerra, che fa emergere potente e attuale la voce della sofferenza di quel periodo dal punto di vista femminile. Il silenzio sulla storia delle donne e sul loro impegno, non ha reso onore alla verità ed al contributo alla Liberazione. Ricostruire la storia femminile restituisce dignità e protagonismo alle donne, alle vittime silenziose di brutali violenze così come alle giovani eroine che imbracciarono i fucili o semplicemente furono straordinarie “complici” della Lotta.

La violenza contro le donne di ieri è, in forme diverse, la stessa perpetrata dagli uomini alle donne di oggi, prodotta da una cultura ancora profondamente “diseguale” che ci richiede di essere tutti in prima linea; perché la violenza contro le donne è una violenza contro la società, perché la realizzazione compiuta della democrazia paritaria come ci dice l’art. 51 della Costituzione non è una questione femminile, è una questione di civiltà.

Permettetemi dunque di ricordare Teresa Mattei, che ci ha lasciato lo scorso 12 marzo. Teresa Mattei. Ex partigiana, combattente nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù, eletta all’Assemblea Costituente con il Pci a soli 25 anni, «madre» della nostra Costituzione e ideatrice della mimosa come simbolo dell’8 marzo. Era l’ultima delle 21 donne che fecero parte dell’Assemblea.

Teresa Mattei raccontava che: “Il mandato parlamentare assumeva un significato direi religioso di assunzione di responsabilità a cui sentivamo di dover corrispondere con tutto il meglio di noi, nel più profondo disinteresse personale. Questo sentivo salendo nei primi giorni della Costituente le scale del palazzo di Montecitorio, un po’ imbarazzata dalla curiosità della piccola folla che stazionava nella piazza, e dal present’arm dei due militari di guardia al portone”. L’auspicio e’ dunque che l’umiltà, la responsabilità e la consapevolezza di allora ispiri anche i parlamentari di oggi per corrispondere all’alto compito che è loro riservato con dignità e spirito di servizio.

Nessuno si può più sottrarre a fare almeno il proprio dovere, perché tanti solo per avere fatto ciò che ritenevano il proprio dovere sono stati ammazzati ieri sui campi di battaglia, più di recente sull’autostrada di Capaci o in via d’Amelio.

E visto che nessuno si salva da solo, ma nell’ambito di un progetto ed un impegno collettivo, vorrei concludere con un’immagine che a me sta molto a cuore e che vorrei proporvi come suggestione. Un antropologo propose un gioco ad un gruppo di bambini africani. Mise un cesto pieno di frutta accanto a un albero e disse loro che il primo che vi arrivava, avrebbe vinto i dolci frutti. Quando disse ”partenza”, i bambini si presero tutti per mano e corsero verso il cesto, poi si sedettero e gustarono la frutta tutti insieme.

Quando l’antropologo chiese loro il perché corsero tutti insieme, quando solo uno poteva avere tutto per sé, i bambini risposero: “UBUNTU … come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi?”. Nella cultura sudafricana UBUNTU significa “IO SONO PERCHÉ NOI SIAMO”.

E se noi siamo qui ora è anche grazie alla Resistenza e al sacrificio dei Giusti.

Onore ai caduti!!!

W la Resistenza! W il 25 aprile! W l’Italia! »