(Bologna, 23 marzo 2013) Di grande interesse il convegno “La donna in Italia. Economia Cultura, Politica” organizzato dalla sezione bolognese FIDAPA–BPWITALY in collaborazione con il Distretto Nord Est. In virtù di relatrici e relatori di qualità e competenza, ha offerto una panoramica di tutte le criticità femminili e di possibili soluzioni mirate a far acquisire alle donne maggiore consapevolezza e coraggio, e alla società quel contributo non dispiegato né valorizzato ma indispensabile allo sviluppo.
Invitata dalla curatrice e presidente Sezione Fidapa di Bologna prof. Paola Monari, ho avuto il piacere di sentire le relazioni della prof. Carla Faralli sul sesto Rapporto italiano CEDAW e del prof. Stefano Zamagni su Donne e sviluppo sociale, un intervento tutto a favore di un ripensamento della società per la reale armonizzazione dei compiti tra generi affinché le donne, portatrici una visione diversa ma complementare del lavoro e del welfare, dunque capace di ottimizzare i risultati, possano essere co-protagoniste delle scelte private e della vita pubblica. La prof. Susi Pelotti ha poi approfondito lo squilibrio esistente anche nel mondo della ricerca scientifica, illustrando l’esito di un recente rapporto europeo. Chiamata a intervenire nella sessione Empowerment e rappresentanza politica, assieme tra le altre alla consigliera regionale di parità Rosa Amorevole e alla vicepresidente del Distretto Nord Est Carla Ciani Bassi, ho sottolineato l’importanza della consapevolezza nelle donne impegnate in politica. Se infatti la quantità delle elette e rappresentanti delle istituzioni è necessaria quale “massa critica” di pensiero femminile, non è però sufficiente a generare i miglioramenti che servono, per colmare il gap occupazionale e di reddito, per i diritti e le libertà femminili, per arrivare ad una piena condivisione delle responsabilità familiari e sociali con gli uomini. Lo stesso 40% di donne parlamentari finalmente raggiunto dopo le elezioni sarà determinante soltanto se
tutte loro dimostrano di voler scardinare gli stereotipi culturali profondi di cui siamo vittime, se sono consapevoli delle differenze di genere e delle leve normative necessarie a correggere gli squilibri. Ogni donna eletta dovrebbe chiedersi, ogni giorno, cosa ha fatto anche per un avanzamento dei diritti delle altre donne. Ho quindi lanciato un appello di collaborazione alle amiche di FIDAPA sul progetto di legge regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere, la cui efficacia dipenderà dalle competenze e sensibilità che saprà intercettare e portare a sintesi.
Molti i temi trattati nella due-giorni, dagli stereotipi di genere presenti sulla stampa e nella pubblicità alla situazione del mercato del lavoro, dove le donne sono strette tra inoccupazione e disoccupazione, senza immediata speranza di modificare le proprie precarietà. Analisi psicologiche e sociologiche hanno rilevato come l’assenza di donne ai vertici del potere aziendale e politico sia dovuto alla loro scarsa combattività, al tendenziale disprezzo per ciò che le allontana dall’etica. La scarsa fiducia in noi stesse è dovuta in gran parte a un modello culturale di subalternità pervasivo, coniugato ad una rappresentazione della donna che persino nel nostro cinema non è quasi mai forte e vincente.
FIDAPA (FEDERAZIONE ITALIANA DONNE ARTI PROFESSIONI AFFARI) è un movimento nazionale, nato negli Stati Uniti a fine ‘800, di opinione e di promozione della donna, che dal 1971 è organizzato in distretti e conta attualmente circa 11.600 socie in Italia.
Grazie per l’attività in favore della donna.Spero si possa approvare la legge regionale citata perchè è importante abolire
ogni discriminazione nell’ambito lavorativo.
In Italia vi è una percentuale di occupazione
femminile nettamente inferiore alla media europea e non abbiamo raggiunto la percentuale
indicata dal Trattato di Lisbona e credo ciò sia legato alla cultura maschilista in voga.
Scusa volevo precisare che la discriminazione è legata alla mentalità e alla cultura, alla comunicazione che talvolta veicola concetti offensivi dell’immagine femminile. La scarsa occupazione femminile è legata anche alla crisi e alla carenza di servizi per l’infanzia in alcune regioni.