(Bologna, 7 febbraio 2013) In occasione del 6 febbraio Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, la Regione ha presentato in un seminario i risultati di una ricerca condotta dall’Azienda Usl di Bologna in collaborazione con le Aziende Usl di Forlì, Parma e Reggio Emilia e con partners internazionali. La ricerca ha confrontato, per la prima volta in Italia, le rappresentazioni sociali della pratica delle mutilazioni genitali femminili in tre popolazioni target, attraverso questionari rivolti a 268 donne italiane, 80 straniere e 212 operatori socio-sanitari dell’Emilia-Romagna.

Dall’indagine emerge che nessuna tra le donne straniere intervistate, residenti in Italia da almeno 5 anni, proporrebbe oggi la mutilazione genitale alle proprie figlie. Il significato rituale, infatti, viene associato e ricondotto ai luoghi d’origine, mentre il contesto sociale nel quale vivono attualmente ne fa percepire la pratica come un atto di violenza e una violazione dei diritti umani. Il cambiamento netto della rappresentazione sociale è conseguenza del processo migratorio e del confronto culturale che ne deriva, così come delle politiche dei servizi socio-sanitari del Servizio sanitario regionale, i cui operatori sono impegnati attivamente nella prevenzione e nel superamento di questa pratica. Per costruire insieme alle donne immigrate percorsi di cambiamento, sono stati annunciati dalla Regione interventi per prevenire le mutilazioni genitali femminili e sostenere chi ne è vittima attraverso l’ascolto e l’accompagnamento; in particolare corsi di formazione e aggiornamento per gli operatori e attività di informazione in grado di sensibilizzare la popolazione, grazie ad un finanziamento di oltre 380mila euro.