(Bologna, 29 agosto 2012) La legge italiana 40 del 2004 in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente e non rispetta il diritto della vita privata e familiare. È questa la conclusione espressa dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che boccia gli articoli della normativa relativi alla possibilità di accedere alla procreazione assistita solo per le coppie sterili o che hanno malattie sessualmente trasmissibili, escludendo quelle non sterili ma portatrici sane di altre malattie, come nel caso della fibrosi cistica della coppia che ha fatto ricorso.

È sempre doloroso essere ripresi e incalzati da istituzioni garanti esterne quando dovremmo essere in grado noi stessi di produrre normative equilibrate, nel rispetto del libero arbitrio e della tutela dei diritti delle persone, tanto più quando si tratta della tutela della vita, della salute della donna e del desiderio delle coppie di essere genitori.

La contraddizione del sistema legislativo italiano, infatti, sottolineata con nettezza e per la prima volta dalla Corte, risiede nel fatto che lascia la possibilità di concepire un figlio malato, concedendo solo dopo la scelta dell’aborto, in caso di feto malato. Un iter di ingiusto e aggiuntivo dolore per le donne a cui viene imposta una decisione che non è mai vissuta senza tormento e profonda sofferenza.

La legge 40 è stata un brutto esempio di normativa formulata per limitare e governare dall’alto scelte delicate inerenti processi fondativi delle vite delle cittadine e dei cittadini. Una legge che non è adeguata ai tempi e alle potenzialità mediche e tecnologiche di cui disponiamo e che accentua le discriminazioni tra le coppie che possono permettersi di accedere a queste tecniche a pagamento e all’estero e quelle che devono sottostare alle rigide e crudeli regole italiane.

Alla luce di questa sentenza che obbliga il nostro paese a conformarsi e dal momento che l’Italia, insieme ad Austria e Svizzera, è l’unica nazione su 32 Stati membri del Consiglio d’Europa a proibire l’accesso alla diagnosi preimpianto degli embrioni, auspico che questa possa essere l’occasione per rivedere la sostanza di questa legge nella prospettiva di rendere realmente fruibile l’accesso alla fecondazione assistita, nel rispetto soprattutto di noi stessi.