(Bologna, 12 luglio 2012) Nel nostro Paese le donne vivono più a lungo degli uomini ma spesso vivono peggio, si recano dal medico più degli uomini (il 58% delle visite ambulatoriali è per una donna), nella maggior parte dei casi per affrontare patologie non tipicamente femminili. Alcuni esempi: osteoporosi + 736% degli uomini, malattie tiroidee + 500%, depressione e ansietà + 138%, cefalea ed emicrania + 123 per cento, Alzheimer + 100%, cataratta + 80%, artrosi e artrite + 49%. E’ ormai accertato che alle necessarie azioni di screening e cura delle tradizionali “patologie di genere” (legate all’apparato riproduttivo), si devono aggiungere interventi specifici che affrontino gli effetti “di genere” delle patologie comuni.
Per rafforzare le une e imprimere un netto impulso agli altri, abbiamo invitato l’assessore regionale alla Sanità Carlo Lusenti in Commissione e depositato una Risoluzione che impegna la Giunta a ri-orientare i servizi sanitari per rendere concreta l’applicazione della medicina di genere in Emilia-Romagna, così da garantire ad entrambi i sessi il miglior trattamento possibile. Anche perché vanno superati stereotipi, pregiudizi e un difetto di base: i metodi utilizzati nelle sperimentazioni cliniche e nelle ricerche farmacologiche e la successiva analisi dei dati risentono di una prospettiva maschile, che sottovaluta le peculiarità femminili, ad esempio il ruolo degli ormoni.
La Risoluzione impegna dunque la Giunta a inserire tra gli obiettivi di sistema del Piano socio-sanitario la promozione ed il sostegno alla medicina di genere quale approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche, al fine di adottare criteri di erogazione del servizio sanitario che tengano conto delle differenze di genere e siano oggetto di rendicontazione annuale. Inoltre, chiede di individuare e promuovere percorsi che garantiscano, all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, la presa in carico del paziente sulla base delle diversità di genere, al fine di ottenere una risposta più specifica ed idonea di fronte alle numerose richieste di assistenza delle donne; incentivare gli interventi di prevenzione e diagnosi precoce attraverso la sempre maggiore diffusione dei programmi di screening, anche tra le donne immigrate; rafforzare gli interventi rivolti all’area materno-infantile ed assumere tutte le iniziative utili per sostenere lo sviluppo della ricerca scientifica medica e farmacologica rivolta alla medicina di genere; incentivare la riorganizzazione del lavoro nelle strutture sanitarie in considerazione della sempre maggiore incidenza del personale femminile; predisporre iniziative di prevenzione sostenute da periodiche campagne informative.
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