(Bologna, 27 marzo 2012) Quando si tratta di riconoscere diritti e doveri per una convivenza civile appagante per tutti e tutte, la forma è anche sostanza e consentire che la via dell’uguaglianza sostanziale sia tracciata a suon di sentenze ha un che di ipocrita e un po’ fallimentare per un sistema della rappresentanza che vuole esercitare fino in fondo il proprio ruolo a servizio delle persone, prima ancora che dei cittadini. Penso questo rispetto alla vicenda del permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura reggiana al giovane uruguayano di nome Rafael, sposatosi in Spagna con un cittadino italiano, dopo che ha vinto il ricorso presentato al Tribunale di Reggio Emilia.
E’ troppo facile posizionarsi in modo più o meno tattico tra chi sta con i gay e chi no. In realtà esiste un tema ben più grande e pressante, che attiene alla capacità delle istituzioni e della politica di farsi carico davvero dei bisogni diffusi delle persone. Ed è questa la capacità che conta, con la quale potremo guardare in faccia le persone che, con le proprie esigenze, i propri drammi, i propri desideri, compongono quell’indistinto corpo elettorale che ora supera il 40% e costituisce il c.d. partito dell’astensione. L’Europa può essere una grande alleata verso un dibattito maturo e progredito su questi temi, perché fa sintesi delle migliori e più avanzate esperienze nazionali, che è semplicemente sbagliato e provinciale derubricare ad incidenti di percorso. La sentenza della Corte di Cassazione che il 15 marzo scorso ha riconosciuto il diritto alla vita familiare delle coppie omosessuali è l’esempio di un recepimento ormai inesorabile di nuovi diritti che si affacciano alla vita pubblica per consentire una migliore vita privata, libera e responsabile.
Queste sentenze sono positive perché si inseriscono in un percorso di superamento dell’arretratezza normativa sui diritti delle persone omosessuali che, oltre rappresentare in sé un’ingiusta lacuna, contribuisce ad alimentare i comportamenti omofobi e
discriminatori. Nel pieno rispetto, dunque, di tutte le sensibilità in campo, se il mondo corre più veloce di noi, dobbiamo attrezzarci a raggiungerlo.
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