(Boretto, 5 gennaio 2011) Con una bella celebrazione organizzata dal Comune di Boretto abbiamo ricordato Felice Montanari, il Partigiano Nero. Era il 1945. Al Casello 23 vicino alla fiuma di Boretto, per evitare di cadere nelle mani del nemico il giovane “Nero” resistette per alcune ore, con un maresciallo tedesco suo prigioniero, a un lungo assedio armato delle SS e dei fascisti, i quali si facevano scudo di cittadini borettesi rastrellati sul posto. Per salvare gli ostaggi ed evitare di cadere vivo nelle mani del nemico, si uccise, senza assassinare il suo prigioniero.
Per rinnovare la memoria di quel sacrificio ci siamo trovati nella Sala Consiliare del Municipio di Boretto, dove ho preso la parola per la commemorazione ufficiale dopo gli interventi del sindaco Massimo Gazza e del primo cittadino di Canneto Sull’Oglio (dove Nero era nato). E’ stato emozionante parlare del coraggio di quel giovane partigiano che, negli ultimi momenti della sua vita, scriveva di essere “perduto”. Non poteva essere certo che la sua lotta e la sua morte non sarebbero state inutili… non poteva sapere che la storia e la democrazia gli avrebbero riservato per sempre un posto d’onore nei nostri cuori. Leggi qui il testo della commemorazione.
Commemorazione Ufficiale
FELICE MONTANARI (Partigiano NERO, 1926-1945)
di Roberta Mori
Un saluto ai Sindaci e alle Autorità presenti, un saluto a tutti gli intervenuti ed un grazie per l’invito, a nome mio personale e della Regione Emilia-Romagna che oggi ho l’onore di rappresentare. Un grazie vero, autentico, non formale che parte dal riconoscimento dell’impegno delle Amministrazioni comunali, dell’ANPI e di tutti singoli individui o associati volto ad assicurare con tenacia e orgogliosa continuità alla Patria Italia un tributo di memoria attraverso la commemorazione dei propri caduti di ieri
per il presente di oggi e il futuro speriamo migliore di domani.
Il rammemorare, dunque, eventi che hanno segnato la lotta della resistenza ed hanno ancor più segnato la costruzione di un Paese emancipato dalla dittatura dispotica e vessatoria di vanagloriosi omuncoli, ebbene questa narrazione condivisa è un impegno che va riconosciuto, menzionato e valorizzato al di là della retorica, per una Regione come la nostra così intrisa di valori “resistenti” ovvero che resistono al logorio di un tempo così ingeneroso verso i giusti. E’ appena trascorso l’anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia che non sarebbe mai stato così sentito, partecipato e popolare se non fosse stato per l’impegno e l’ispirazione unitaria del Presidente Giorgio Napolitano, nonché per la sincera e autentica vocazione unitaria del popolo italiano e della nostra Nazione, checché ne dicano sedicenti secessionisti.
Ebbene, quest’anno trascorso così intenso di avvenimenti e di occasioni di riflessione collettiva ci ha consegnato l’inizio di un nuovo anno ancora difficile, ma senza dubbio più consapevole di ciò che è stato e di ciò che ci attende, ma soprattutto certi che nessuno si salva da solo. Credo sia questo il monito quotidiano e profondo che ha mosso tanti individui alla ribellione partigiana, alla resistenza culturale, civile e militare contro l’oppressione. In questi momenti di ricordo la forza evocativa del passato rinnova la memoria del coraggio e del sacrificio di tanti caduti restituiti a noi dalla sete di giustizia che non si placa, dall’orgoglio che si
rinnova. L’orgoglio di una terra e di un popolo che ha reagito all’occupazione, ai soprusi e alla violenza e che ha saputo restituire, a sé e a chi sarebbe venuto dopo, la libertà e la dignità che sembravano perdute. “Perduto … portatemi un fiore (rosso si è interpretato dalla r appena accennata)” … così scriveva il partigiano Nero negli ultimi angoscianti momenti convulsi della scelta. Ci sono momenti in cui quello che accade sfugge al nostro controllo, in cui ciò che non era prevedibile o non è governabile domina le nostre vite individuali e collettive: ma anche in quei momenti possiamo decidere, possiamo scegliere come comportarci di fronte alla brutalità del destino e alla prepotenza degli uomini. Il partigiano Nero scelse ed il suo gesto è a mio parere da leggersi in quel
momento e in quella condizione così estrema come il gesto più alto di protesta e di ribellione ai nazifascisti, all’epoca repubblichini, come l’atto di generosità più grande nei confronti dei cittadini e delle cittadine borettesi che altrimenti sarebbero andati incontro alla morte per vendetta e per rappresaglia. Quando tutto è perduto possiamo scegliere almeno di non essere
umiliati, di non venire depredati dalla nostra essenza di uomini, soprattutto quando la nostra scelta può salvare il prossimo. Scelta come atto di coraggio, di responsabilità, come atto audace di continua reinvenzione del mondo e di costruzione dell’umanità.
In un’ideale lessico democratico di una cittadinanza pienamente consapevole, bisogna ritrovare il coraggio al di là delle convenienze, della pigrizia, dell’acquiescenza, del quieto vivere … di dire NO. NO alla brutalità della politica, NO alla follia delle ingiustizie economiche e finanziarie che ci circondano, NO all’invasione della burocrazia nella nostra vita quotidiana. NO all’idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. Questo NO non è mera negazione e se accompagnato dalla riflessione propositiva può assumere un valore costruttivo, finanche creativo e migliorativo del vivere comune. Quanta attualità c’è nella lotta partigiana, quanta contemporaneità, quanto futuro ci ha consegnato la resistenza. Friedrich Hebbel diceva che “vivere vuol dire essere partigiani”. Lo credo anch’io.
Don Milani così scriveva ai cappellani militari toscani: “Ma in questi cento anni di storia italiana c’è stata anche una guerra giusta (se guerra giusta esiste). L’unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana”. La ribellione, dunque, come forma della responsabilità, dell’etica della responsabilità. Ribellione come scrittura e racconto del proprio destino, come esperienza di autonomia e affrancamento da una condizione di schiavitù. E tanti esempi hanno attraversato la cronaca del mondo in questi mesi, dove i protagonisti del cambiamento, del NO, sono state tante donne e tanti giovani, come giovane era Felice Montanari descritto come “un diciottenne pieno di vita e di idee per il futuro, che voleva un domani migliore per sé e per gli altri … e … non ha avuto dubbi … ha scelto tra la sua vita e quella di molti innocenti”.
Ho voluto recuperare il significato di eroe da wikipedia, che costituisce l’enciclopedia digitale per eccellenza, quella massimamente attuale, moderna, aggiornata, quella che si definisce l’enciclopedia libera perché viene aggiornata da chiunque. “L’eroe nell’età moderna” si legge su wikipedia “è il protagonista di uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di se stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune”. Oggi, dunque, noi tutti qui riuniti non stiamo solo onorando la memoria di un caduto, di un ragazzo, un diciottenne, un combattente, un resistente, ma stiamo celebrando prima di tutto un eroe.
“Perduto … portatemi un fiore” … No Felice, No partigiano Nero. Tu non sei mai stato perduto. Tu non ti sei mai perduto. Non ti sei mai perduto nell’indifferenza, nella resa. Non ti sei mai perduto nella viltà, nella convenienza. Non ti sei mai perduto nell’oblio di una storia incolore, nella nebbia di queste terre generose. Non sei perduto, sei qui anche oggi. Ti sei ritrovato eroe, esempio per tanti, ti sei ritrovato protagonista della libertà, del coraggio, della storia … ti sei ritrovato pur nella tua giovane età “padre”, si … “padre” di questa Patria Italia imperfetta, talvolta incomprensibile nelle sue contraddizioni, ma democratica e libera … che tu tanto hai amato fino all’estremo sacrificio. Onori al partigiano NERO. Grazie.
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