Roma, Auditorium 8 ottobre 2011 – Intervento di Roberta Mori
“Ringrazio dell’invito e dell’opportunità di intervenire al primo congresso di Equality Italia ed in particolare ringrazio Aurelio Mancuso che insieme a Fabio Astrobello ha promosso nel maggio scorso l’incontro tra Stuart Milk e l’esecutivo della Regione Emilia-Romagna, che ci ha lasciato il senso di un impegno che non si ferma e che si rinnova in forza di una riscossa “gentile” dei diritti civili.
Non si può non partire dalla constatazione che stiamo vivendo un momento storico molto difficile, nel quale tutti i problemi del nostro Paese, mai affrontati o rimasti irrisolti, stanno deflagrando. La crisi economico-finanziaria internazionale, prima ignorata e poi malamente tamponata da un Governo ormai considerato inadeguato da tutti gli osservatori e trasversalmente dalle rappresentanze sociali e produttive del Paese, si è trasformata in tempi rapidi in perdita di fiducia dei mercati finanziari, declassamento e gravissima crisi occupazionale. Con pesanti ripercussioni sociali che solo in parte trovano rappresentanza, visibilità e modalità di protesta organizzata. Fra i drammi quotidiani che vivono le persone e le famiglie in ogni parte d’Italia, la tragedia di Barletta assume poi ai nostri occhi un rilievo particolare. Come se il crollo di quella palazzina fatiscente, nel quale sono morte cinque giovani donne (una era ancora una bambina) mentre lavoravano in nero e sottopagate, fosse il crollo stesso della speranza: la speranza in un riscatto sempre più lontano e difficile dell’Italia che vuole farcela.
In tempo di crisi emergono in tutta la loro prepotente forza i bisogni materiali, quei bisogni primari e concreti di sopravvivenza in una società esigente, spesso distratta e superficiale nel soddisfare pienamente i diritti di realizzazione della persona. Questi diritti “invisibili”, infatti, si connotano quali bisogni meno urgenti, meno pressanti, fino a diventare trascurabili nelle scelte di priorità, allentando la rete protettiva dei diritti e della sicurezza, in un contesto di inconsapevolezza crescente, alimentato a sua volta da una politica che per troppo tempo è apparsa distante, autoreferenziale, inutile.
Ebbene, io credo invece che proprio in questi momenti di smarrimento, in particolare le istituzioni rappresentative, ma anche tutti i soggetti che compongono il mosaico organizzato della nostra società, devono ergersi ad attenti custodi e determinati promotori di orizzonti più evoluti, più rispondenti alla complessità delle sfumature che rendono le nostre comunità uno sfavillante caleidoscopio. Anche la semplice accettazione del rischio di comprimere o nullificare le conquiste sociali e civili che già sono costate il sacrificio di generazioni di donne e uomini, sarebbe come dichiararsi sconfitti di fronte ai pregiudizi, agli stereotipi, alla modernità, al futuro.
Vorrei dare il senso del mio intervento qui, oggi, proprio a partire da questa esigenza di “presidio” dei diritti, dalla necessità di unire le forze migliori del Paese in una collaborazione virtuosa che lo rimetta in moto partendo dall’anima e quindi da un nuovo umanesimo.
Diventa, dunque, significativa in questo contesto l’esperienza istituzionale appena nata in Emilia-Romagna. Si tratta della “Commissione regionale per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini” e contro tutte le discriminazioni, istituita dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna per volontà unanime dei suoi rappresentanti, in attuazione del dettato statutario della nostra Regione. Lo scorso 26 luglio ne sono stata eletta presidente, in virtù del percorso istitutivo che ho curato da relatrice della legge. Questa Commissione si inquadra come un unicum in Italia, in quanto diversamente dalle altre forme di consulte e organi tutti al femminile, “La Commissione si compone ed opera con le stesse modalità, procedure, durata e criteri di rappresentanza previsti dallo Statuto e dal regolamento per le commissioni permanenti”. Non sembri un formalismo. E’ un’innovazione sostanziale di grande impatto: significa che la questione della parità non è una mera questione di genere delegata alle donne, bensì una tematica strategica anti-discriminatoria pienamente assunta da tutti i consiglieri che vi contribuiranno parimenti alle altre commissioni, declinandola trasversalmente con i temi del lavoro e dell’economia, della democrazia paritaria e della rappresentanza, della cultura e dell’informazione, del welfare e della sanità.
L’altro punto di forza e innovativo lo si evince dall’art. 1 della legge istitutiva, dove la finalità della commissione, “la promozione di piena parità tra donne e uomini”, si pone come un cuneo, una testa di ponte, per “la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, come da dettato della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza, 7 dicembre 2000). Come sapete nell’art. 21 della Carta di Nizza sono riprese e precisate le discriminazioni in tema di parità di trattamento, le quali segnano realmente il passo per una effettiva tutela delle posizioni soggettive, allargando il ventaglio del divieto di discriminazione non solo per motivi classicamente previsti (sesso, razza, religione, etnia), ma anche per motivi diversi quali le convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale ovvero i moderni diritti di cittadinanza.
Sono convinta che una tale attenzione e investimento sul metodo del mainstreaming, sulle politiche di genere ed antidiscriminatorie, sia testimonianza di modernità e di sintonia con i bisogni diffusi. Ciò che la politica e le istituzioni dovrebbero sempre perseguire con tenacia. In particolare, come dicevamo, in un tempo presente così condizionato dalla morsa della crisi. Le istituzioni, mai come ora, devono avere l’intelligenza di produrre sintesi, tra posizioni diverse e inevitabilmente radicali, grazie ad una visione ampia e animata dalla volontà di far progredire, assieme, posizioni individuali e collettive. La tenuta stessa del nostro sistema di diritto dipende dunque dalla capacità di catalizzare esigenze e stimoli diffusi sul territorio, di promuovere anche dal punto di vista culturale una rete di collegamento, di valorizzare le molteplici esperienze maturate, di promuovere i talenti delle persone. Tutto l’associazionismo più avveduto deve essere protagonista di questo processo e le istituzioni promuoverlo e portarlo a sintesi.
Nello spirito di reale apertura e partecipazione che connota la Commissione regionale che presiedo, chiedo a Equality di essere nostro interlocutore autorevole, per contribuire a vincere insieme questa sfida di civiltà non lasciando indietro nessuno, avendo l’ambizione di accompagnare il cambiamento per il nostro presente e per il futuro di tutti.
Grazie e buon lavoro.
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