(5 ottobre 2011) Non sembri banale o scontato, di fronte alla tragedia che ha colpito la comunità di Barletta, esprimere solidarietà e vicinanza alle famiglie ed un profondo cordoglio per le vittime. Giovani donne inghiottite dal crollo di una palazzina fatiscente, che diventa nell’immaginario più drammatico il crollo della speranza, in un riscatto sempre più lontano e difficile dell’Italia che vuole farcela.
A ciò si accompagna lo sdegno, e la preoccupazione per l’ennesimo caso di incuria che si coniuga al fenomeno dello sfruttamento e del lavoro sommerso, binomio perverso di cui fanno le spese sempre i più deboli, in un momento in cui la crisi economico-finanziaria acuisce i bisogni ed allenta la rete protettiva dei diritti e della sicurezza.
L’illegalità nel lavoro non è un fenomeno esclusivo del Sud Italia, ma purtroppo una pratica diffusa in tutto il Paese e che registra le punte maggiori (64,2%) proprio al Nord, come si evince dai dati ISFOL e da tutti gli ultimi rapporti conoscitivi. Colpisce in particolare che il lavoro irregolare tra le donne sia dovuto in gran parte all’assenza di altre opportunità, un dato coerente con il tasso di occupazione femminile italiano (pari al 46,3%, contro il 67,2% degli uomini), più basso di circa 12 punti percentuali dalla media europea e ben lontano dagli obiettivi del trattato di Lisbona.
E’ chiaro che la crisi ha peggiorato ulteriormente il quadro e le condizioni, sia contrattuali sia legate alla sicurezza, che le donne sono disposte ad accettare pur di avere una fonte di guadagno; resta inaccettabile che uno Stato lo permetta e un Governo continui a ignorare la parte più esposta della popolazione, impegnando le proprie energie in questioni di dettaglio, personalistiche… ridicole.
Se è vero che il grado di civiltà di una società passa attraverso le sue priorità concrete, oggi la tragedia di Barletta ci tocca tutti profondamente ed evoca episodi che ci riportano lontano nel tempo, quando i lavoratori e le lavoratrici erano privi di diritti
riconosciuti e di tutele. Questa consapevolezza deve produrre una forte reazione civile e politica, che porti a misure di emersione del nero, prevenzione e vigilanza sui luoghi di lavoro su tutto il territorio nazionale e, non ultimo, a una strategia seria di investimento sull’accesso e permanenza delle donne nel mondo del lavoro regolare.
Probabilmente ciò accadrà quando riprenderemo nelle nostre mani il destino di un paese finalmente “normale”.
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