Cervarolo (Villa Minozzo), 18 settembre 2011

Manifestazione nell’Aia dell’Eccidio per condividere il ringraziamento a tutti coloro che si sono impegnati nel conseguimento della sentenza di condanna dei nazisti responsabili dei crimini del marzo 1944.

Intervento di Roberta Mori

Buongiorno a tutti gli intervenuti e grazie dell’invito a presenziare a questa importante occasione di memoria collettiva. E’ per me un onore e un privilegio.

E in questo giorno così significativo mi permetto di inviare un pensiero commosso a Ugo Benassi che ieri ci ha lasciato e che fino all’ultimo non ha fatto mancare il proprio impegno nella promozione dei valori della Resistenza, della democrazia e della Costituzione.

Vi porto il saluto riconoscente del Presidente Vasco Errani che, come i rappresentanti delle altre istituzioni interessate, ha dato mandato di costituire parte civile la Regione Emilia-Romagna nel processo penale contro i responsabili di questi crimini efferati. La Regione ha voluto contribuire all’accertamento e all’affermazione della verità processuale, perché la verità storica diventi davvero patrimonio di una storia condivisa da trasmettere alle nuove generazioni e monito di ripulsa contro i regimi fondati sulla sopraffazione e la violenza.

Sono passati 67 anni ed è stata emessa una sentenza.

Una sentenza storica -si è più volte detto- che appartiene alla dimensione privata di coloro che, familiari e parenti, hanno avuto il coraggio di intraprendere questo viaggio doloroso di ricostruzione e di memoria in nome e per conto dei propri cari, civili rastrellati e inermi. Al tempo stesso, però, questa sentenza ha una straordinaria valenza e dimensione pubblica, non solo perché restituisce un pezzo importante di memoria all’umanità, non solo perché accerta le responsabilità degli eccidi, non solo perché rende giustizia alle vittime incolpevoli, ai loro familiari ed alle nostre Comunità, ma soprattutto perché sancisce in modo chiaro che la dignità della vita umana non è calpestabile da nessuna ragion di Stato.

Non possiamo dire che dal 6 luglio 2011, da quando cioè è stata emessa la sentenza, le profonde ferite inferte a questa comunità, come alle altre comunità dell’Appennino reggiano e modenese che hanno vissuto le stragi nazifasciste, sono rimarginate. La perdita non è colmata, il dolore non è scomparso. Dal 6 luglio scorso, però, le nostre ferite possono essere curate, attraverso quel lento e faticoso processo di elaborazione del lutto che è possibile solo quandola Giustiziaumana si esprime, definendo le responsabilità una volta per tutte, dandone un volto e un nome.

Se è vero che i regimi totalitari – come diceva Hannah Arendt – hanno scoperto senza saperlo che ci sono crimini che non si possono né punire né perdonare, da oggi è stata data alle famiglie la possibilità di liberarsi di quelle indicibili violenze, per prendersi cura finalmente della memoria delle persone care. Nell’aula del Tribunale militare di Verona dove abbiamo atteso la lettura della sentenza, istituzioni democratiche e cittadini liberi insieme in un abbraccio commovente e liberatorio hanno assicurato ai posteri la trasmissione dei valori di solidarietà, di libertà, di convivenza civile.

In questo luogo così denso di significato e simbolo di tanto dolore, hanno cercato di rubare il futuro delle nostre Comunità con un disegno criminoso di annullamento e sterminio dopo una terribile caccia all’uomo e concentramento in quest’aia. Noi rispondiamo a questa barbarie di uomini perduti e crudeli, con la fierezza e l’orgoglio di donne e uomini che hanno tenacemente voluto Giustizia, non vendetta.

Ed è a voi, ai familiari, ai parenti, all’ANPI che esprimiamo nel modo più autentico profonda gratitudine per non esservi rassegnati al dolore, alla perdita, alla “banalità del male” che può annacquare le responsabilità e dare sembianze umane ai peggiori carnefici. Grazie, per aver dato ancora una volta un esempio di forza e di coraggio con le vostre testimonianze e grazie a tutti gli altri protagonisti che, ognuno per la propria parte, ci hanno creduto e hanno lottato al vostro e nostro fianco.

Un grazie particolare a chi ha raccolto tutte le fasi di questo intenso viaggio di ricostruzione collettiva e ne ha fatto un’opera cinematografica e un documentario a imperitura memoria.

La sentenza che molti di noi, presenti qui, abbiamo ascoltato il 6 luglio scorso nel Tribunale Militare di Verona, è un esito straordinario, che ha inteso accertare, con tenacia, la verità dei fatti nonostante condizioni difficilissime di reperibilità, dei documenti e delle informazioni. Ricostruire fatti ed eventi così lontani nel tempo, scalfire le nebbie dense della storia e quelle ancora più impenetrabili – va detto – della rimozione storica, è un compito tanto alto quanto impervio, impossibile da portare a termine senza una profonda motivazione etica e morale. Per questo esprimiamo un ringraziamento particolarmente sentito al lavoro intenso e silenzioso dei magistrati, degli avvocati che hanno condotto con professionalità, umanità e vera dedizione tutte le fasi di questo cammino.

Il processo di Verona farà scuola nella giurisprudenza, non solo italiana. Oltre le responsabilità dei singoli carnefici riconosciuti e condannati, ha coinvolto lo Stato da cui avevano ricevuto il comando, le armi, la missione, l’egida di legittimità nel cui ambito hanno potuto esercitare qualunque sopraffazione.La Germanianon può sottrarsi a questo doloroso processo di assunzione di responsabilità e sta qui l’inedito e più moderno risultato della sentenza di Verona. In attesa che il Tribunale internazionale dell’Aja si pronunci sul ricorso presentato dallo Stato tedesco, ribadiamo anche oggi, insieme, l’esigenza di portare a compimento il percorso di giustizia, di rendere esigibile il risarcimento che spetta alle comunità colpite, cioè ai primi custodi della memoria delle vittime.

E’ importante sottolineare la portata giuridica di quanto è stato sancito a Verona, il filo prezioso che lega questa decisione ad altri processi e sentenze innovative, prima fra tutte quella relativa alla strage di Marzabotto-Monte Sole, che nel complesso stanno definendo nuovi criteri di valutazione probatoria, dunque di giustizia, in materia di crimini contro l’umanità. Le ingiustizie vissute così dolorosamente non cadono mai in prescrizione. E un primo passo fondamentale è stato rappresentato dal riconoscimento che neppure questi crimini cadono in prescrizione, che i responsabili materiali continuano ad essere perseguibili. Il passo ulteriore e più recente, compiuto grazie all’impegno di colleghi sensibili e determinati, è l’aver ottenuto la responsabilità penale del militare inserito all’interno di una catena di comando. Un criterio quest’ultimo che ha portato a condannare lo Stato olandese per l’operato dei caschi blu olandesi a Srebrenica, rei di avere permesso le stragi di civili da parte dei militari serbi di Mladic.

 E’ importante, insomma, proseguire su un cammino di giustizia che va molto oltre i nostri confini, a cui dobbiamo essere consapevoli di aver dato un grande contributo perché è compito di tutti noi, istituzioni, associazioni, cittadini, sostenere e difendere le ragioni della storia, quella stessa storia che molti tentano di riscrivere per assoggettarla a contingenze politiche di turno, falsificando i fatti per condizionare l’opinione pubblica, attaccando i princìpi fondamentali di cui si è fatta interprete con grandi sacrifici la parte migliore del popolo italiano.

 Oggi noi rendiamo grazie alla parte migliore del nostro Paese e credo dovremo impegnarci a tutti i livelli a diffondere nelle scuole, nelle università, in ogni occasione i principi di verità e giustizia sanciti con questa sentenza per rafforzare gli anticorpi contro culture razziste, xenofobe, dispotiche che si annidano e fermentano in seno alle moderne democrazie, favorite dai profondi cambiamenti sociali ed economici in atto, in Italia come anche nella civile Europa, che dobbiamo ormai considerare l’orizzonte minimo del nostro agire.

Tutto ciò lega passato, presente e futuro e ci insegna quanto le giovani vite spezzate dalla guerra possano condizionare il nostro oggi e il nostro domani, illuminando la via dei giusti, perché ristabilire Giustizia significa porre le condizioni di pace in cui vogliamo far vivere le prossime generazioni in Europa e nel mondo.

 Mi piace perciò condividere con voi anche l’apprezzamento per iniziative come I Sentieri partigiani di Istoreco, arrivata alla 18° edizione e che proprio in quest’aia ha visto una tappa importante lo scorso 9 settembre, con tanti giovani tedeschi, austriaci e svizzeri a ripercorrere i sentieri dolorosi dell’occupazione e della Resistenza. Con questo obiettivo di fondo, che ci vede al fianco degli Istituti storici e delle Associazioni partigiane, l’impegno della Regione Emilia-Romagna non si è esaurito nella pur importante costituzione di parte civile, sin dal 2005, nel processo di Verona. E’ un impegno che continua, sia per vedere attuata appieno questa e altre sentenze che interessano i nostri territori e le nostre comunità, sia per divulgarne la portata ed alimentare il circolo virtuoso della Memoria e della Giustizia.

Il Tribunale militare di Verona ha emesso il verdetto, sette ergastoli per sette ex ufficiali nazisti di un reparto della divisione Hermann Goring” colpevoli di omicidio plurimo pluriaggravato e continuato con le aggravanti della crudeltà e dei motivi abietti.

Giustizia è fatta.

Oggi ha vinto la giustizia, oggi ha vinto la verità, oggi ha vinto la democrazia, ma soprattutto oggi ha vinto il coraggio dei giusti.

La pace è più vicina.

Grazie.