(28 agosto 2011) Nonostante con la riforma del diritto di famiglia e con la legislazione sulla tutela della maternità, negli ultimi 40 anni siano stati fatti molti passi in avanti rispetto all’occupazione femminile, sui tavoli aziendali compaiono ancora fogli di dimissioni in bianco per le donne in gravidanza ed è ancora netto il divario tra uomini e donne in materia di salario medio: 1270 euro mensili contro 1077.
E’ questo il quadro emerso dall’incontro di domenica 28 alla Tenda Tricolore di Festa Reggio, dove, intervistate dalla giornalista Elisa Pederzoli, si sono confrontate su “Maternità, lavoro e democrazia paritaria”, Barbara Cellato, responsabile provinciale femminile Cisl, Rita Ghedini, senatrice del Pd, Natalia Maramotti, assessore comunale alle Pari opportunità, e Valeria Montanari, consigliera provinciale democratica.
Alcuni punti emersi con chiarezza nel dibattito ci vedono impegnate nelle istituzioni e nella società per realizzare i cambiamenti che servono. Prima di tutto, la maternità non deve essere vista come una discriminazione o una perdita di produttività, ma ha un valore sociale. Di questo deve tener conto anche la contrattazione di secondo livello, quella aziendale. Così come deve trovare adeguata tutela da parte del sistema di welfare, che al contrario in questi anni ha subito tagli e impoverimenti drammatici senza essere riformato: o si ripensa completamente la spesa pubblica in Italia, o il rischio che si corre è quello di vedere automaticamente tagliate, ad esempio, le detrazioni fiscali per spese sanitarie, per i figli a carico, per il mutuo, con progressiva ricaduta sulle famiglie ed in particolare sulle donne. Un’esperienza reggiana da estendere è l’accordo quadro su conciliazione, tempi ed orari, firmato lo scorso 11 luglio dal Comune di Reggio Emilia con le parti sociali, le organizzazioni professionali ed importanti aziende pubbliche e private, cui ha fatto seguito un protocollo a livello provinciale: grazie a questo accordo alcune aziende, tra le quali Lombardini e Walvoil, hanno potuto richiedere di accedere a finanziamenti sulla Legge 53 del 2000 (la cosiddetta “Legge Turco”) per progetti che prevedono aiuti ai dipendenti per le piccole grandi incombenze di carattere burocratico e sulla conciliazione di tempi ed orari. Resta tutto il duro colpo ai servizi assistenziali e sociali inferto dai tagli agli enti locali: una politica sbagliata, una tendenza da invertire.
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